sabato 17 ottobre 2009
Il Garante ha stabilito di rendere disponibile la registrazione di un colloquio telefonico.
domenica 11 ottobre 2009
Una sentenza discutibilissima.
venerdì 9 ottobre 2009
Annullato il licenziamento contestato in ritardo.
I disabili devono pagare il parcheggio nelle aree blu.
La Corte ha poi affermato che “né ha fondamento invocare a sostegno di una diversa interpretazione, come fa il ricorrente, l’esigenza di favorire la mobilità delle persone disabili . Dalla gratuità – anziché onerosità come per gli altri utenti – della sosta deriva, infatti, un vantaggio meramente economico, non un vantaggio in termini di mobilità, la quale è favorita dalla concreta disponibilità – piuttosto che dalla gratuità – del posto dove sostare; sicché, anche in caso di disponibilità dei posti riservati ai sensi dell’art. 11, comma 5, d.P.R. n. 503/1996, invocato dal ricorrente, non vi è ragione di consentire, in mancanza di previsione normativa, la sosta gratuita alla persona disabile che abbia trovato posto negli stalli a pagamento”.
giovedì 8 ottobre 2009
Ancora sul sequestro preventivo dell'autoveicolo.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
ha pronunciato la seguente:
1) X.Y., N. IL (omissis);
avverso ordinanza del 29/12/2008 Trib. Libertà di Cagliari;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CAMPANATO GRAZIANA;
sentite le conclusioni del P.G. Dr. D'ANGELO Giovanni, che ha chiesto
il rigetto del ricorso.
Il (omissis) veniva fermato dai carabinieri di Iglesias in località (omissis) alla guida dell'auto (omissis) tg. (omissis) e, sottoposto a controllo alcolimetrico, risultava in stato di ebbrezza alcolica (2,23 g/l alle ore 23,46 e 2,16 g/l alle ore 00,02). Il veicolo veniva sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria sancita dall'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), come modificato ed integrato dalla L. n. 125 del 2008. Detto sequestro veniva convalidato e tempestivamente reiterato dal GIP di Cagliari.
Con istanza 6.11.08 X.Y., moglie del (omissis) chiedeva la restituzione dell'autovettura, rivendicandone l'esclusiva proprietà e - comunque - contestando la sequestrabilità della medesima anche se ritenuta di proprietà comune con il marito.
Il GIP suddetto respingeva l'istanza ed in sede d'appello ex art. 322 bis c.p.p. il Tribunale di Cagliari confermava tale decisione, ribadendo che dal certificato di proprietà l'autovettura risultava appartenere ad entrambi i coniugi ed il fatto che la X.Y. avesse contratto un finanziamento per acquistarla non ne dimostrava la proprietà esclusiva. Dava atto che l'istante era estranea al reato e che quindi la sua quota di proprietà non poteva essere sacrificata, ma ciò non impediva di mantenere il sequestro al fine di confiscare la quota spettante all'imputato con la conseguente vendita dell'autovettura sul cui prezzo la X.Y. avrebbe potuto soddisfare il proprio diritto di comproprietaria.
Avverso questo provvedimento l'interessata ha proposto ricorso per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 321 c.p.p. e dell'art. 186 C.d.S., ribadendo la sua estraneità al reato e di conseguenza, in forza dell'esclusivo titolo di proprietà, l'illegittimità del sequestro.
Parimenti dovrebbe considerarsi annullabile il provvedimento in considerazione del titolo riconosciuto di comproprietà in forza anche della giurisprudenza di questa corte.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorso è infondato.
Due sono le questioni proposte ed entrambe riguardano la non confiscabilità, e dunque la non sequestrabilità, dell'autovettura.
Secondo la prima questione la X.Y. sarebbe esclusiva proprietaria del mezzo perché avrebbe provveduto al pagamento della medesima attraverso un finanziamento.
Correttamente i giudici di merito hanno osservato che i coniugi sono in regime patrimoniale di comunione di beni e che l'autovettura è stata intestata ad entrambi, come risulta dal certificato di proprietà, per cui nessun elemento dimostra l'esclusività della proprietà a favore della ricorrente, non essendo certamente sufficiente che la medesima abbia ottenuto il finanziamento per il pagamento del bene.
Secondo la seconda questione poiché il bene non è divisibile non potrebbe essere sacrificato il diritto di comproprietà a vantaggio della confiscabilità.
Il Tribunale di Cagliari afferma correttamente che il diritto della X.Y. va salvaguardato, trattandosi di comproprietaria estranea al reato, ma ciò comporta che il sequestro dell'autovettura è finalizzato alla confiscabilità della quota di proprietà dell'imputato, finalità ammissibile che richiede il mantenimento del sequestro al fine di evitare che il bene sia disperso e che ritornato nella disponibilità dei coniugi possa essere nuovamente usato dal soggetto che è stato trovato alla guida in stato di alterazione alcolica, situazione che la norma in oggetto intende prevenire.
Il tribunale ha anche indicato il rimedio per la salvaguardia del valore della quota del bene a favore della X.Y. che potrà rivalersi sul prezzo ricavabile dalla vendita dell'autovettura.
Ciò premesso, il ricorso va rigettato con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2009.
Interessante sentenza sul sequestro preventivo dei veicolo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri: Dott. MOCALI PIETRO Presidente Dott. CAMPANATO GRAZIANA Consigliere Dott. BRUSCO CARLO GIUSEPPE " Dott. MASSAFRA UMBERTO " Dott. MARESCA MARIAFRANCESCA "
ha pronunciato la seguente
1) X.Y. n. il XX/XX/19XX
avverso ordinanza del 22/09/2008 Trib. Libertà di Latina
sentita la relazione fatta dal Consigliere BRUSCO CARLO GIUSEPPE
sentite le conclusioni del P.G. Dr. AURELIO GALASSO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
1) X.Y. ha proposto ricorso avverso l'ordinanza 3 ottobre 2007 del Tribunale di Latina, sezione per il riesame delle misure cautelari reali, che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo emesso il 1° luglio 2008 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale ed avente ad oggetto un'autovettura a lui sequestrata.
Il Tribunale ha ritenuto legittimo il provvedimento emesso in relazione ad un procedimento per il reato di cui all'art. 186 del codice della strada (guida in stato di ebbrezza) rilevando come non fosse ostativa al sequestro preventivo la circostanza che l'autovettura fosse in comproprietà con altre persona (la madre del ricorrente) e che il fatto non poteva essere ritenuto occasionale essendo ciò escluso dall'elevato tasso alcolico rilevato.
2) A fondamento del ricorso si deduce, con il primo motivo, la violazione dell'art. 186 comma 2° del codice della strada e dell'art. 240 comma 2° cod. pen. perché il Tribunale non avrebbe considerato che il veicolo non era di proprietà esclusiva del ricorrente e l'interpretazione data dal Tribunale si porrebbe in contrasto con la lettera e la ratio della norma che prevede la confisca del veicolo.
Con il secondo motivo si deduce invece la violazione dell'art. 125 comma 3° c.p.p. perché il Tribunale non avrebbe considerato che si trattava di condotta occasionale e quindi difettavano le esigenze cautelari che peraltro non avrebbero potuto essere ravvisate nell'elevato tasso alcolico in mancanza di precedenti specifici.
3) Va preliminarmente rilevato che il sequestro preventivo in esame è stato disposto in base al nuovo testo dell'art. 186 comma 2° del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 (codice della strada) modificato dall'art. 4 del d.1. 23 maggio 2008 n. 92 convertito, con modificazioni, nella 1. 24 luglio 2008 n. 125 (misure urgenti in materia di sicurezza pubblica).
Con questa modifica legislativa sono stati introdotti i seguenti periodi nel secondo comma dell'art. 186: "Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato ai sensi dell'art. 240, secondo comma, del codice penale, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato."
Come è agevole verificare dal tenore della norma, si tratta di confisca obbligatoria: ciò risulta sia dalla terminologia utilizzata ("è sempre disposta") sìa dal richiamo al secondo comma dell'art. 240 cod. pen. che prevede, appunto, casi di confisca obbligatoria (in questo senso deve intendersi il richiamo all'art. 240: v. Cass., sez. IV, 11 febbraio 2009 n. 13831, Fumagalli, rv. 242479).
Dalla natura obbligatoria della confisca deriva un'importante conseguenza: che, nel caso di sequestro preventivo disposto ai sensi dell'art. 321 c.p.p., l'esistenza del periculum - cui l'emissione di tale misura cautelare reale è subordinata - è presunta per legge, con la conseguenza che non deve essere accertata caso per caso e che non può essere disposta (a meno che non vengano meno i presupposti per ritenere esistente il fumus) la restituzione del veicolo prima della sentenza definitiva (v. la già citata sentenza 13831/2009 nonché Cass., sez. fer., 28 agosto 2008 n. 36822, Simmerle, rv. 241269 - entrambe relative alla norma innovata del codice della strada - e in generale, precedentemente, Cass., sez. III, 6 aprile 2005, n. 17439, Amico, rv. 231516).
4) Ciò premesso, deve ancora osservarsi che il ricorso in cassazione contro le ordinanze del tribunale per il riesame, in materia di misure cautelari reali, è proponibile, per l'espresso disposto dell'art. 325 comma 1° c.p.p., solo "per violazione di legge". Ciò vale anche per l'ordinanza del tribunale che si pronunzi sulla richiesta di riesame del decreto del pubblico ministero, che abbia convalidato il sequestro operato dalla polizia giudiziaria, o sulla richiesta di riesame del sequestro disposto dall'autorità giudiziaria (v. artt. 355 c. 3° e 257 c.p.p. che rinviano entrambi all'art. 324 con la conseguente applicabilità dell'art. 325 in tema di ricorso in cassazione).
Ciò comporta in particolare, per quanto attiene ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, che con il ricorso in questa materia non sono deducibili tutti i vizi concernenti la motivazione del provvedimento impugnato previsti dall'art. 606, comma 1°, lett. e) del codice di rito, ma soltanto la mancanza assoluta, o materiale, della motivazione perché solo in questo caso può configurarsi la violazione di legge ed in particolare la violazione dell'art. 125 comma 3° c.p.p. che prescrive, a pena di nullità, l'obbligo di motivazione delle sentenze e delle ordinanze in attuazione del disposto dei commi 6° e 7° dell'art. 111 della Costituzione.
Tra i casi di mancanza assoluta della motivazione può certamente ricomprendersi anche il caso di motivazione meramente apparente o assolutamente inidonea a spiegare le ragioni addotte a sostegno dell' esistenza o meno dei presupposti per il mantenimento della cautela, Non possono invece formare oggetto di ricorso in cassazione le censure dirette ad evidenziare l'insufficienza, l'incompletezza, l'illogicità o la contradditorietà della motivazione.
La giurisprudenza di legittimità è univoca nel senso indicato: cfr. da ultimo Cass., sez. V, 11 gennaio 2007 n. 8434, Ladiana, rv. 236255; sez. III, 5 maggio 2004 n. 26853, Sainato, rv. 228738, sez. un. 28 gennaio 2004 n. 5876, Bevilacqua, rv. 226710.
Alla luce di questo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (che nel ricorso neppure viene posto in discussione) se anche la censura rivolta dal ricorrente all'ordinanza impugnata con il secondo motivo di ricorso, relativo alle esigenze cautelari, fosse da ritenere ammissibile (sotto il profilo della necessità di accertare in concreto l'esistenza del periculum anche nel caso di confisca obbligatoria) la censura sarebbe comunque inammissibile essendo rivolta all'accertamento di un vizio relativo alla motivazione che, nel nostro caso, non può essere ritenuta mancante.
5) E' invece infondato il primo motivo di ricorso che si riferisce all'interpretazione della norma innovata di cui al comma 2° dell'art. 186 in precedenza riportata e che, secondo il ricorrente, non consentirebbe la confisca - e quindi il sequestro preventivo - nei caso di veicolo in comproprietà.
La tesi è infondata perché la lettera della norma non autorizza questa interpretazione, sembrando al contrario escludere la confisca di veicolo appartenente ad un terzo per la tutela del suo diritto di proprietà.
Ma la tesi risulta in particolare infondata ove si consideri quale è la ratio della norma: solo nel caso di appartenenza integrale del veicolo ad un terzo la presunzione assoluta di pericolosità derivante dall'uso del veicolo può risultare attenuata mentre, in caso di comproprietà, la presunzione medesima rimane integra.
Resta il problema delia legittimità del sequestro (e della successiva eventuale confisca) della quota appartenente al terzo. Ma, su questo aspetto, il ricorrente è privo di interesse a richiedere l'annullamento del provvedimento impugnato, o la restituzione del bene, unico legittimato essendo il comproprietario del veicolo.
6) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il giorno 6 maggio 2009.
Il presidente
Dr. Piero Mocali
Il Consigliere Relatore
Dr. Carlo Brusco
Depositato in cancelleria il giorno 11 giugno 2009.
mercoledì 7 ottobre 2009
Interessante sentenza sul riconoscimento delle infermità.
La vicenda che oggi diffondo grazie a Massimo Cassiano è, per certi versi, sovrapponibile e riguarda (con buona pace del Ministro Brunetta) un magistrato della Corte dei Conti, Presidente di Sezione, che, avendo assolto per anni ad un incredibile carico di doveri e responsabilità, ha contratto una infermità epatica che lo ha portato ad una morte fulminante!
La Sentenza, dopo aver minuziosamente riportato tutta la vicenda processuale (i fatti si riferiscono agli anni 1993 – 1999) riconosce che:
“Come evidenziato dal perito di parte, la vita professionale del dott. A.V., presidente di sezione della Corte dei Conti, rappresenta un esempio di abnegazione al dovere portata fino all’estremo sacrificio, il che porta a ritenere verosimile che la morte del magistrato sia stata, se non direttamente determinata, quanto meno anticipata e favorita dagli eventi stressanti che hanno caratterizzato il suo incarico ….”.
“A titolo di esempio, nell’anno 1995, il Presidente V. scrisse circa 400 sentenze oltre a presiedere tutte le udienze in calendario presso la Sezione de L’Aquila.
Dal 1996 al 1999 la Sezione Giurisdizionale per il Veneto ha tenuto 153 udienze, di cui 121 presiedute dal dott. V., e sono state emesse 3.768 pronunce, di cui 1.549 redatte dal Presidente V.
A ciò deve aggiungersi il disagio derivante dall’espletare il servizio in regioni con stagioni invernali particolarmente fredde, come l’Abruzzo ed il Veneto, dai frequenti spostamenti, dai pasti consumati fuori casa.
La perizia di parte ha specificato come i fattori psicologici possono influenzare il modo di reagire dell’organismo, associarsi fra di loro, slatentizzare una patologia e diventare essi stessi causa di malattia, il che è ormai considerato più un dato di fatto che una mera ipotesi”.
sabato 3 ottobre 2009
Altra tiratina d'orecchi a chi non da la precedenza ai pedoni in prossimità delle strisce pedonali
Si tratta di un comportamento 'incivile' sottolinea la Corte ricordando che mentre si è alla guida di un'autovettura si è sempre obbligati a dare la precedenza ai pedoni in transito sulla segnaletica orizzontale loro dedicata.
Non si tratta dunque di un atto discrezionale dell'automobilista che deve sempre fermarsi. Sulla scorta di tale principio la Corte con la sentenza n.20949/09 ha accolto il ricorso dei tre figli di una donna investita sulle strisce da un motociclista e morta poco dopo per le gravi lesioni craniche.
I giudici di merito avevano attribuito il 30% della colpa dell'incidente alla donna che aveva attraversato la strada frettolosamente e senza guardare se stessero sopraggiungendo delle vetture. Il danno riconosciuto ai prossimi congiunti era stato quindi limitato nella misura del 70% del totale. La Cassazione su ricorso dei prossimi congiunti ha considerato inaccettabile un simile ragionamento. "A meno di riguardare l'attraversamento sulle strisce di una strada come un impegnativo momento di valutazioni di velocità e intenzioni altrui - si legge in sentenza -, occorre che ogni conducente, nell'approssimarsi alle strisce pedonali, ancora più se queste si trovino, come nella specie, in una zona centrale di una città, abbia la chiara consapevolezza che deve non solo dare la precedenza, ma anche tenere un comportamento idoneo ad ingenerare nel pedone la sicurezza che possa attraversare senza rischi".
Mano pesante della Corte di cassazione per chi non fornisce le proprie generalità ai controllori del treno
venerdì 2 ottobre 2009
Un motivo in più per fare ricorso contro gli autovelox.
giovedì 1 ottobre 2009
Sentenza sull'omissione di soccorso.
Per la Corte non importa essere alla guida: chi scappa è comunque un pirata della strada e va sanzionato per omissione di soccorso. La decisione della Quarta sezione penale (sentenza n. 37455/2009) si riferisce al caso di due ragazzi che erano al bordo di un motorino insieme ad un'altro loro amico che era alla guida. Durante il percorso avevano investito una donna provocandone la morte. I ragazzi erano caduti, ma rialzatisi anzichè prestare soccorso alla donna erano fuggiti. Se contro il conducente veniva avviato un procedimento per omicidio colposo per i due passeggeri si era ipotizzata l'accusa di omissione di soccorso. La sezione minorenni della Corte d'appello di Napoli aveva concesso ai due ragazzi il perdono giudiziale ma la loro difesa, contro questa condanna "morale", aveva fatto ricorso in Cassazione sostenendo che "viaggiando come passeggeri a bordo del mezzo non potevano prevedere che si potesse verificare l'evento comunque ricollegabile al comportamento di chi stava alla guida". La Corte ha respinto i ricorsi dei due ragazzi facendo rilevare che gli stessi viaggiavano con un terzo amico "ben sapendo che la loro presenza comprometteva di molto le condizioni di stabilità del motoveicolo, rendendole precarie". Inoltre "dandosi alla fuga e non fermandosi per prestare assistenza all'investita, si erano resi colpevoli, anche se sono stati perdonati, delle ipotesi di reato previste dall'art. 189 del Cds". Nella sentenza la Cassazione richiama anche le testimonianze rese secondo cui i due passeggeri "erano caduti sopra il corpo dell'investita ed uno dei due era salito sul ciclomotore ed era scappato. Quindi non potevano non essersi resi conto che la donna urtata aveva riportato danni alla persona". Piazza Cavour ha dunque insistito sul fatto che i passeggeri "si dovevano fermare per verificare se" la donna investita "avesse bisogno di soccorso. E invece si sono allontanati". Di quì l'ipotesi di reato prevista dall'189 Cds. che punisce appunto l' omissione di soccorso.
Sentenza che condivido.
La Corte ha quindi precisato che “la segnalazione di un impedimento del difensore di fiducia con contestuale richiesta di rinvio, spedita via fax ai sensi dell’art. 150 cod. proc. pen. pervenuta alla cancelleria prima dell’inizio dell’udienza ma trasmessa al giudice dopo la celebrazione del dibattimento, non costituisce motivo di nullità della sentenza in quanto la scelta di un mezzo tecnico non previsto specificamente dalla legge per il deposito delle istanze, ai sensi dell’art. 121 cod. proc. Pen., espone il richiedente al rischio dell’intempestività con cui l’atto può pervenire alla conoscenza del giudice (..). Da tale orientamento giurisprudenziale si deduce che, ove l’istanza, spedita a mezzo fax, sia pervenuta prima dell’inizio dell’udienza, il giudice del dibattimento sia giustificato, non essendo ciò avvenuto, nel caso di specie si è verificata una violazione del diritto all’assistenza dell’imputato, con la conseguente nullità dell’ordinanza che ha disposto la prosecuzione del giudizio e di tutti gli atti successivi”.
Una sentenza che dovrebbe essere secondo me estesa anche per le altre circostanze.
Interessante sentenza sulle offese e ingiurie durante le arringhe.
“Trattasi – prosegue la Corte -, di considerazioni ragione in base alle quali il giudice di merito ha accertato, con apprezzamento coerente e quindi non censurabile in sede di legittimità, un collegamento logico-causale tra le offese pronunciate dal difensore e l’oggetto del procedimento”.
Decisione ineccepibile delle Sezioni Unite.
sabato 26 settembre 2009
Interessante la sentenza 24.07.2009 n° 17355 della Cassazione in Sezioni Unite
In realtà, sulla questione il Plenum era già intervenuto, con la decisione n. 12545 del 1992 che viene ora ribadita obliterando la giurisprudenza più recente che dalla stessa si era discostata. Il punctum pruriens involgeva la ammissibilità o non, nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, di contestazioni involgenti i fatti della violazione attestati nel verbale come percepiti direttamente o indirettamente dal pubblico ufficiale e, così, la possibilità o probabilità di un errore nella loro percezione.
Le Sezioni Unite, disattendendo alcune più recenti aperture, opta per l’orientamento più rigoroso, reintroducendo, dunque, di fatto, un ricorso più “indotto” all’istituto della querela di falso.
Secondo i giudici della nomofilachia, la correlazione tra il dovere di menzionare nel verbale in modo preciso e dettagliato, anche se sommario, l'elemento fattuale delle violazione e l'efficacia che l'art. 2700 c.c., attribuisce ai fatti che il Pubblico ufficiale attesta nell'atto pubblico essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti comportano che tale efficacia concerna inevitabilmente tutti gli accadimenti e le circostanze pertinenti alle violazioni menzionate nell'atto indipendentemente dalle modalità statica o dinamica della loro percezione, fermo l'obbligo del pubblico ufficiale di descrivere le particolari condizioni soggettive ed oggettive dell'accertamento, giacché egli deve dare conto nell'atto pubblico non soltanto della sua presenza ai fatti attestati, ma anche delle ragioni per le quali detta presenza ne ha consentito l'attestazione.
L'approccio alla questione relativa all'ammissibilità della contestazione e della prova nel giudizio di opposizione alla ordinanza-ingiunzione non va conseguentemente condotto con riferimento alle circostanze di fatto della violazione attestate nel verbale come percepite direttamente o indirettamente dal pubblico ufficiale ed alla possibilità o probabilità di un errore nella loro percezione, ma esclusivamente in relazione a circostanze che esulano dall'accertamento, quali l'identificazione dell'autore della violazione e la sua capacità o la sussistenza dell'elemento soggettivo o di cause di esclusione della responsabilità ovvero rispetto alle quali l'atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà (ad esempio, tra numero di targa e tipo di veicolo al quale questa è attribuita). Ogni diversa contestazione va, invece, svolta nel procedimento di querela di falso che consente di accertare senza preclusione di alcun mezzo di prova qualsiasi alterazione nell'atto pubblico, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti o del loro effettivo svolgersi .
La materia, in conclusione, viene plasmata come da tavole sinottiche che seguono.
Giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione del pagamento di una sanzione amministrativa
Ammessa contestazione e prova
- Circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale
- Circostanze di fatto della violazione rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per irrisolvibile oggettiva contraddittorietà (es. targa rilevata dall’accertatore non attribuibile al tipo di veicolo indicato nel verbale dal Pubblico ufficiale)
Necessaria Querela di falso
- Circostanze di fatto della violazione che sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale
- Ogni questione concernente l’alterazione del verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realità degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti, come accertati dal pubblico ufficiale
Circostanze che esulano dall'accertamento:
· l'identificazione dell'autore della violazione e la sua capacità
· la sussistenza dell'elemento soggettivo
· la sussistenza di cause di esclusione della responsabilità
Interessante sentenza sulla validità della delibera e spese proprie dell'amministratore di condominio.
(Autore: www.soluzionegiuridica.it)
Sentenza che fa giustizia al diritto del singolo cittadino.
sabato 12 settembre 2009
Distacco illegittimo di linee telefoniche (Giudice di Pace di Bari Sentenza 2781/09)
www.noiconsumatoribari.it
Cultore di diritto pubblico c/o l’Università degli Studi di Bari
Il testo della sentenza
Sent. 2781/09 del 27/03/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice di Pace, Avv. M. Mazzei, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile, contrassegnata con il numero RG. 15046/2007, affari contenziosi civili, tra
XXXXXXXXXXXXXX
CONTRO
Vodafone Omnitel, in persona........
avente ad oggetto: inadempimento contrattuale - risarcimento danni-
conclusioni
all'udienza del 27 febbraio 2009, l'attore ha concluso, riportandosi ai propri scritti difensivi: (1. accertare il rapporto contrattuale esistente tra le parti; 2. dichiarare la convenuta inadempiente nei confronti dell'attore 3.ordianare l'immediato ripristino dell'utenza sospesa; 4. Condannare la convenuta alla restituzione del credito residuo, esistente sulla scheda, prima della sospensione del servizio, pari a circa € 100,00; 5. condannare la convenuta al risarcimento del danno subito, pari ad €. 2.200,00 o alla somma maggiore o minore, ritenuta di giustizia e/o equità, nei limiti della competenza del GdP. adito 6. inibire alla convenuta di riassegnare a terzi l'utenza indicata; 7. condannare la convenuta al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa). La convenuta ha concluso per il rigetto della domanda attorea.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L'attore, dopo aver inutilmente interessato il Corecom ed espletato, con esito negativo, il tentativo obbligatorio di conciliazione, con atto di citazione, ritualmente notificato, conveniva in giudizio, innanzi l'ufficio del Giudice di Pace di Bari, la Vodafone Omnitel, in persona del legale rappresentante pro-tempore, per ivi sentire: (1. accertare il rapporto contrattuale esistente tra le parti; 2. dichiarare la convenuta inadempiente nei confronti dell'attore 3.ordinare l'immediato ripristino dell'utenza sospesa; 4. Condannare la convenuta alla restituzione del credito residuo, esistente sulla scheda, prima della sospensione del servizio, pari a circa € 100,00; 5. condannare la convenuta al risarcimento del danno subito, pari ad €. 2.200,00 o alla somma maggiore o minore, ritenuta di giustizia e/o equità, nei limiti della competenza del GdP. adito 6. inibire alla convenuta di riassegnare a terzi l'utenza indicata; 7. condannare la convenuta al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa.
L’attore assumeva di essere Presidente e legale rappresentante di una società iscritta al Roc e di occuparsi di progettare, realizzare e gestire servizi culturali, socio educativi, sanitari, nonché di pubblicare diverse riviste in ambito sociale; che per far fronte a tutte le esigenze lavorative, circa 7 anni fa, stipulava un contratto telefonico con il Gestore Vodafone; che tale numero telefonico veniva usato per lo svolgimento delle attività del Gruppo; che venivano investite ingenti somme di denaro al fine di stampare la brochure informative sull’attività dell’associazione, oltre che riviste, manifesti, biglietti da visita, sulle quali era riportato il detto numero di telefono; che l’utenza in questione veniva utilizzata, anche come numero di riferimento dei un’altra Associazione, di cui l’attore riveste, anche la Presidenza; che successivamente l’utenza veniva trasformata in “ricaricabile”, restando sempre di uso aziendale, a nome dell’amministratore; che nel mese di febbraio 2007 veniva effettuata una ricarica telefonica, per far fronte alle esigenze lavorative; che in data 11/08/2007, la Vodafone decideva, unilateralmente, di sospendere l’utenza, così procurando gravissimi disagi e grave nocumento all’attore; che le sollecitazioni epistolari non sortivano esito positivo.
Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in data 15/02/2008, si costituiva la Vodafone che eccepiva la nullità dell’atto di citazione, poiché la copia notificata era priva della pagina n. 2, contenente l’esposizione dei fatti. Nel merito evidenziava che la convenuta ha agito nel rispetto delle condizioni generali del contatto, in virtù delle quali, se la sim card non viene utilizzata o ricaricata per un periodo superiore a dodici mesi, la scheda telefonica viene disattivata, fermo restando che il credito residuo può essere richiesto in restituzione a mezzo lettera racc. Né quindi, vi è stata violazione del decreto Bersani. Concludeva 1) nullità dell’atto di citazione 2) in subordine, per il rigetto della domanda attorea.
Revocata la contumacia della convenuta; disposta l’integrazione della domanda attorea, preso atto che la convenuta, in seguito all’integrazione della domanda ha provveduto a costituirsi con regolare mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta; ammesse le prove documentali in atti; espletata la prova testimoniale; preso atto della rinuncia esplicita al deferito interrogatorio formale del legale rappresentante pro tempore della Vodafone e della relativa accettazione, all’udienza del 27/02/2009, la causa è stata riservata per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La nullità dell’atto di citazione, sollevata dalla convenuta, conseguente alla notificazione dello stesso, privo della pagina numero due e l’eccezione di inammissibilità e/o inesistenza della costituzione della Vodafone, conseguente al “mandato allegato a mezzo di spille all’atto di costituzione…”, appaiono sanate alla luce dell’integrazione della domanda attorea della nuova costituzione della Vodafone. Il contratto stipulato tra le parti, non rientra tra quelli perfezionati tra professionista e consumatore. Invero, entrambi le parti hanno agito nell’esercizio delle rispettive attività imprenditoriali. L’attore, non riveste la qualità di consumatore, avendo stipulato il contratto, per la propria attività lavorativa, come dichiarato nell’atto di citazione (“che l’attore è Presidente, nonché legale rappresentante del xxxxxxxxxxxxx, iscritto al ROC -Registro degli Operatori della Comunicazione-, e si occupa di progettare, realizzare e gestire servizi culturali, socioeducativi e sanitari, nonché di pubblicare diverse riviste in ambito sociale; che per far fronte a tutte le esigenze lavorative, circa sette anni fa, stipulava un contratto telefonico con il Gestore Vodafone - Omnitel e, dunque, gli veniva assegnato il n. xxxxxxxxxxx; tale utenza diveniva fondamentale per lo svolgimento delle attività del Gruppo, infatti conteneva numeri telefonici importanti ed era usata quale numero di riferimento per la segnalazione di disservizi od inchieste che condotte sui giornali di proprietà dello stesso; che, pertanto, venivano investite ingenti somme di denaro al fine di stampare brochure informative sull’attività della associazione,oltre che riviste, manifesti, biglietti da visita, sulle quali era riportato detto numero al quale fare riferimento; che, invero, l’utenza in questione veniva utilizzata, altresì, come numero di riferimento del xxxxxxxxxxxx, di cui l’attore riveste la Presidenza”.
Pertanto, non sono applicabili, nel caso di specie, le norme poste a tutela del consumatore, poiché l’attore ha stipulato il contratto di fonia mobile, non in veste di consumatore, ma in veste di imprenditore e per il raggiungimento di scopi propri dell’attività imprenditoriale svolta.
La domanda merita accoglimento parziale e nei termini che seguono. E’ provato, né è in contestazione che l’attore ha stipulato un contratto telefonico con la Vodafone;che gli è stato assegnato un numero telefonico n..; che l’utenza telefonica, corrispondente al numero …………., nel corso del tempo è stata trasformata in “ricaricabile” che nel mese di agosto 2007, l’utenza è stata unilateralmente sospesa dalla Vodafone Omnitel. Quest’ ultima ha sic et simpliciter sostenuto di aver provveduto alla definitiva disattivazione della scheda – utenza telefonica – conformemente alle condizioni generali del contratto per non aver provveduto, l’attore, ad utilizzare e/o a ricaricare la Sim card per il tempo di dodici mesi. Nella fattispecie de qua, a prescindere dall’applicabilità o dell’interpretazione che si intenda dare all’art. 1 della L. 40/07, che ha convertito il DL 7/07 – Decreto Bersani, l’attore ha provato di aver provveduto ad eseguire ricariche sull’utenza telefonica in questione nel mese di Febbraio ed anche prima dell’estate 2007 (vedi dichiarazioni testimoniali rese). Appare, quindi, provato che l’utenza telefonica non è rimasta inattiva o inutilizzata per dodici mesi, come sostenuto dalla convenuta, ove si consideri che una ricarica è stata eseguita nel mese di febbraio 2007 e un’altra prima dell’estate 2007 e che l’utenza telefonica è stata sospesa definitivamente a far data dall’11/08/07.
Deve quindi ritenersi illegittimo, il comportamento della convenuta, per aver violato il disposto di cui all’art. 5, comma 4, delle condizioni generali di contratto, in atti, ed in generale, per aver disattivato l’utenza telefonica immotivatamente, così violando le norme di correttezza e buona fede nei rapporti contrattuali in itinere. Tanto importa il diritto dell’attore a vedersi riattivato e riassegnato il numero di telefono xxxxxx. E’ provato, inoltre, che l’utenza telefonica disattivata veniva utilizzata dall’attore per l’esercizio delle attività professionali (vedi rivista, manifesti pubblicitari in cui è riportato il numero telefonico in questione) e giusta dichiarazione testimoniali rese da xxxx. Non v’è dubbio, pertanto, che l’attore in conseguenza della repentina sospensione dell’utenza telefonica abbia sopportato disagi, disguidi e problemi di vario genere con la propria clientela. Né è da escludere un calo di clientela, con conseguente danno economico, stante la difficoltosa rintracciabilità telefonica da parte della clientela. Ai sensi dell’art. 1226 c.c., apparendo il danno indeterminato e non potendo lo stesso essere determinato con precisione, liquida e riconosce all’attore, in via equitativa, per i danni sopportati in conseguenza del sicuro e necessitato mutamento del numero telefonico, la somma di € 300,00. Condanna, inoltre, la convenuta alla rassegnazione del credito monetario telefonico esistente prima della sospensione dell’utenza telefonica, che si riconosce in € 50,00, ai sensi dell’art. 1226 c.c. L’accoglimento della domanda importa la condanna alle spese del giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo.
PQM
IL Giudice di Pace di Bari, definitivamente pronunciando sulla domanda, promossa da XXXXXXXXX c/ Vodafone Omnitel, in persona del legale rappresentante p.t., rigetta ogni altra domanda, eccezione e deduzione, così provvede:
1. Condanna la Vodafone Omnitel, in persona del suo legale rappresentante p.t., al pagamento della somma di € 300,00, a titolo di risarcimento danni, in favore dell’attore;
2. Condannala Vodafone Omnitel, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla riattivazione del numero di utenza xxxxxxxxxxx e con accredito di € 50,00;
3. Condanna la Vodafone Omnitel, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento delle spese del giudizio, in favore dell’attore, che si liquidano in € 1.100,00 (di cui € 500,00 per diritti, € 400,00 per onorario, € 112,50 per rimborso forfettario del 12,5% ed € 87,50 per spese anticipate), oltre cna ed iva.
Bari, 27/03/2009
Il Giudice di Pace Avv. M. Mazzei
giovedì 10 settembre 2009
Cassazione: multe nulle se il numero civico è sbagliato
mercoledì 12 agosto 2009
Una sentenza che vale più della perdita dei punti sulla patente.
venerdì 7 agosto 2009
Non commette reato chi uccide un animale per proteggere i suoi beni e se stesso.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che “in applicazione di tale principio il giudice di legittimità ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva escluso la sussistenza di reato nella ipotesi di uccisione di un cane, pastore tedesco, che introdottosi in un pollaio, aveva mangiato gli animali ivi rinchiusi e quindi aggredito il loro proprietario, accorso per allontanarlo”. costretto a sparare sull’animale, per difendere un proprio diritto patrimoniale, nonché la incolumità delle persone con lui conviventi.
Interessante sentenza sulla nota spese.
Nel caso di specie, gli Ermellini hanno osservato che “spese diritti ed onorari sono stati contenuti in termini modesti, ed il ricorrente ha svolto le sue censure in termini meramente astratti, senza neppur teoricamente dedurre la difformità degli importi liquidati rispetto a quelli spettanti per legge”.
mercoledì 5 agosto 2009
Vergogna tutta italiana.
Autovelox truccati a Caserta, indagati: Sindaci, assessori e membri della Polizia municipale sono accusati di truffa, falsità, violazione della privacy e abuso d'ufficio.
domenica 2 agosto 2009
Avv. Raffaello Esposito
Via Paolo Grassi n° 9 -
Di seguito la sentenza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL GIUDICE DI PACE DI LECCE
Avv. Franco Giustizieri ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile iscritta al numero del ruolo generale indicato a margine, avente l’oggetto pure a margine indicato, discussa e passata in decisione all’udienza del 05.11.2008, promossa da S.G.. rappresentato e difeso dall’Avv. Raffaello Esposito del Foro di Taranto, elettivamente domiciliato in Lecce presso lo studio dell’avv. L. P.
ricorrente –
Contro: Prefetto di Lecce; - resistente -
All’udienza del 05.11.2008 la causa è stata decisa sulle conclusioni rassegnate dalla parte ricorrente.
Svolgimento del processo
Con ricorso al Giudice di Pace di Lecce, depositato in Cancelleria in data 12.05.2008, parte ricorrente proponeva opposizione avverso il verbale di accertamento di violazione al cds n. XXXXXXX, irrogato in data 24.03.2008 e notificato immediatamente, per la presunta violazione dell’art. 141 commi 3 e 8 cds, elevato dalla Stazione di Carabinieri di Melendugno, al conducente del veicolo tg. XXXXXXX perchè "ometteva di regolare adeguatamente la velocità in modo da non costituire pericolo in prossimità di intersezione stradale" con detto verbale alla parte ricorrente era irrogata la sanzione amministrativa di € 74,00 oltre alla decurtazione di cinque punti della patente di guida. Lo stesso ricorrente con il ricorso eccepiva e sosteneva quanto segue.
Inesistenza della violazione. Dal verbale impugnato non si evincevano le circostanze di fatto esistenti al momento della presunta infrazione. Mancanza di motivazione ed eccesso di potere. Strada poco trafficata. Errore di percezione diretta del reale accadimento.
Concludeva parte ricorrente per una dichiarazione di nullità del verbale impugnato, con vittoria di spese.
Preliminarmente questo Giudice provvedeva, con proprio decreto, a fissare innanzi a sé l’udienza di comparizione delle parti.
Nessuno si costituiva per il Prefetto di Lecce, il quale attraverso l’organo accertatore provvedeva ad inviare nei termini la documentazione di cui all’art. 23 legge 681/81, corredata di apposita memoria difensiva.
All’udienza del 05.11.2008 venivano rassegnate le conclusioni della parte ricorrente, indi questo Giudice provvedeva a delibare la causa, dando lettura del dispositivo in udienza.
Motivi della decisione
Preliminarmente, rilevata la tempestività dell’opposizione proposta in data 12.05.2008, avverso la sanzione amministrativa n. XXXXXX, elevata dalla Stazione dei Carabinieri di Melendugno e notificata in data 24.03.08, la medesima opposizione deve essere accolta per i seguenti motivi.
Preliminarmente và rilevato che dalla lettura del verbale opposto è emerso che il verbalizzante impegnato alla disciplina del traffico, situazione questa che condiziona tutto il processo formativo, rilevava la presunta infrazione erroneamente.
Infatti, parte ricorrente ha dedotto in giudizio che il mezzo contravvenzionato al momento della rilevazione attraversava l’incrocio predetto a velocità moderata ed in ossequio alle norme dettate dal Codice della Strada, perciò il conducente in prossimità dell’intersezione stradale regolava la velocità e non costituiva pericolo come sostenuto dagli agenti verbalizzanti, quindi contestava la rilevazione effettuata dall’organo accertatore che ricostruiva la dinamica con una visione postuma all’effettivo svolgersi del fatto, suscettibile quindi la stessa di valutazione erronea non essendoci stata una visione diretta del fatto.
Pertanto, non si comprende quale fosse in quel giorno il tipo di violazione commessa, visto che il transito del veicolo al momento della presunta infrazione non ha violato alcuna norma del Codice della Strada. Dunque, alla luce di tale situazione di fatto, anche a seguito della contestazione effettuata dalla parte ricorrente, và ritenuto che nel giudizio ex art. 22 e 23 legge 689/81, si realizza una inversione dell’onere della prova in favore del ricorrente, atteso che la P.A., assumendo la veste sostanziale di attrice è chiamata a provare, ai sensi dell’art. 2697 c.c., la fondatezza dei fatti e delle motivazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e, quindi, la sussistenza della pretesa sanzionatoria.
L’inadempienza, si ribadisce, assume quindi rilevanza giuridica posto che il Giudice, a seguito delle contestazioni rilevate dalla parte ricorrente, non è stato messo in condizioni di comprovare la legittimità della pretesa sanzionatoria portata avanti Sezione Carabinieri di Melendugno.
In definitiva, il ricorso esattamente per tutte queste motivazioni, in assenza di elementi contrari, è accolto ed il relativo verbale annullato, unitamente ad ogni altro atto ad esso presupposto e/o consequenziale..
Restando assorbita ogni altra deduzione, eccezione e conclusione.
Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Lecce accoglie il ricorso.
Spese compensate.
Così deciso in Lecce 05.11.2008
Il Cancelliere Il Giudice di Pace
Avv. Franco Giustizieri
sabato 1 agosto 2009
La Cassazione ha detto stop agli sms inesiderati.
domenica 26 luglio 2009
Se il cane abbaia disturba ovvio. Quindi in casi estremi giusto il risarcimento del danno per il disturbo arrecato ai vicini.
martedì 21 luglio 2009
La prova evidente che non sempre le cinture di sicurezza salvano la vita.
sabato 18 luglio 2009
Non rivelate mai le "corna".
giovedì 9 luglio 2009
Finalmente riconosciuto un concetto che ripeto da anni nei miei ricorsi.
mercoledì 8 luglio 2009
Un prestito tra marito e moglie? Non si restituisce.
martedì 7 luglio 2009
Si salvi chi può. Ora anche i ciclisti se commettono una infrazione perdono punti sulla patente.
Per fare una festa danzante in un agriturismo ci vuole l'ok del Sindaco.
Senza l'autorizzazione infatti il gestore dovrà pagare una multa.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15375/09 precisando che "la previsione di partecipazione" ad eventi ricreativi "da parte di persone di passaggio elide l'applicabilità della normativa concernente i soli ospiti delle aziende di agriturismo e dimostra con l'afflusso di persone di passaggio la dilatazione delle riunioni ben oltre l'ambito di eventi limitati ai clienti dell'azienda".
Per questo si rende necessario secondo la Corte di Cassazione l'autorizzazione "in relazione all'ordine pubblico e all'organizzazione.
La vicenda esaminata dalla Corte riguarda il caso del proprietario di un agriturismo che si era visto irrogare una multa per aver organizzato due feste danzanti senza autorizzazione.
La multa veniva convalidata dal Giudice di pace e ora anche dalla Corte di Cassazione.
Nel suo ricorso, il titolare, aveva sostenuto che si era trattato di due eventi occasionali e che comunque non ci sarebbe stato l'obbligo di richiedere l'autorizzazione.
Nel respingere il ricorso la Corte è stata tassativa.
L'autorizzazione del sindaco è necessaria in relazione all'ordine pubblico e all'organizzazione che ne consegue. Nè si può parlare di sporadicità degli eventi giacché annota la Corte "la successiva cessazione di tali eventi ben poteva essere dovuta alla contestazione delle infrazioni".
sabato 27 giugno 2009
Sentenza che non condivido assolutamente specie se l'uso del telefonino è solo presunto.
Sentenza sui termini del Prefetto.
Interessante la sentenza n. 13303 del 9.6.09.
In tema di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni di norme del codice della strada cui sia applicabile la nuova disciplina procedimentale conseguente alle innovazioni normative introdotte dal d.l. 27 giugno 2003, n. 151, conv., con modif., nella legge 1° agosto 2003, n. 214, la nuova disposizione prevista dal comma 1 bis dell'art. 204 del d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285, secondo cui i termini di cui ai commi 1 bis e 2 dell'art. 203 e al comma 1 dello stesso articolo 204 sono perentori e si cumulano fra loro ai fini della considerazione di tempestività dell'adozione dell'ordinanza-ingiunzione, deve intendersi nel senso che la cumulabilità dei due termini consente al Prefetto di usufruire - per il complessivo svolgimento della sua attività di accertamento e decisione - del tempo massimo previsto dalla somma delle due scansioni operative, ovvero di 60 giorni per la raccolta dei dati e le deduzioni degli accertatori e di 120 giorni per l'emissione del provvedimento irrogativo della sanzione amministrativa, senza che, a tal fine, abbia alcuna incidenza sul computo totale di 180 giorni l'eventuale trasmissione anticipata (ovvero prima della scadenza del termine massimo prescritto di sessanta giorni) degli atti di competenza da parte dell’organo accertatore.