Discutibile o almeno non condivisibile parzialmente la sentenza n. 799/09 della Commissione Tributaria provinciale di Lecce che accogliendo il ricorso di un proprietario di un albergo ha sostenuto che non ci devono essere disparità nelle tasse (tarsu) tra chi possiede una civile abitazione ed una struttura ricettiva.
Io ritengo che contrariamente a quanto sostenuto da alcuni organi di stampa non ci possa essere alcun terremoto negli enti locali da questa sentenza poichè sarà senz'altro impugnata nel caso di specie dal Comune di Gallipoli e disapllicata dai restanti Comuni.
Argomento del giorno è l'art. 68 del decreto legislativo 507/93 la tarsu e il regolamento comunale.
La norma di legge a ben vedere impone si ai Comuni di stabilire con regolamento la classificazione delle categorie sottoposte alla misura tariffaria ma detta "criteri di massima".
Pertanto i Comuni hanno la possibilità di derogare al detto criterio fissato dal legislatore.
Il tutto ovviamente motivando la differenziazione della tariffa.
E nel caso di specie è la "giusta" motivazione che è mancata e ad indurre la Commissione tributaria ad accogliere il ricorso del contribuente proprietario di un albergo.
Infatti per quanto riguarda le strutture ricettive turistiche (alberghi e ristoranti) ritengo non sia possibile prendere in considerazione per la tassazione dei rifiuti (tarsu) la metratura come avviene per le civili abitazioni.
Un solo esempio dovrebbe far riflettere quei giudici: un ristorante di appena 50 mq con spazio all'aperto di 100 mq può mai produrre gli stessi rifiuti di una civile abitazione degli stessi 50 mq.