L’art. 1218 c.c. fissa il principio fondamentale, in base al quale il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto a risarcire il danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile . L’avvocato che assume l’incarico di proporre il ricorso per cassazione avverso una sentenza di merito, assume l’obbligo giuridico, tra gli altri, di procedere al deposito dell’atto nel rispetto dei termini previsti dal codice di rito.
L’art. 369 c.p.c., infatti. prevede che “il ricorso per cassazione deve essere depositato nella cancelleria della Corte, a pena di improcedibilità, nel termine di giorni venti dall’ultima notifica …”.
Ne deriva che il professionista, che ometta di depositare il ricorso nel termine appena indicato, sia inadempiente alla sua obbligazione e, pertanto, tenuto a risarcire i danni, salva la prova della impossibilità sopravvenuta per causa a lui non imputabile. Quid iuris se i termini per il deposito non siano rispettati perché il corriere, al quale l’avvocato abbia affidato il plico contenente il ricorso affinché lo recapiti al Collega domiciliatario su Roma, lo consegna ad un destinatario sbagliato? Si può ritenere integrata la causa non imputabile, ai fini dell’esonero del professionista dalla responsabilità?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15895/09 del 7.7.09 fornisce una risposta negativa a tale quesito, riconoscendo il diritto del cliente ad ottenere il risarcimento dei danni che sono derivati in suo pregiudizio dalla improcedibilità del ricorso.
Secondo i giudici di Piazza Cavour, in particolare, l’avvocato ha la facoltà di affidare il ricorso a terzi, affinché questi provvedano per suo conto all’adempimento delle successive formalità, quali il deposito, ma non può limitarsi a fare affidamento sulla diligenza dei suoi ausiliari, ovvero del corriere o del servizio postale, essendo tenuto comunque a accertarsi che il deposito avvenga entro i termini stabiliti.
Il professionista, dunque, è in ogni caso responsabile dei danni patiti dal cliente per effetto della mancata esecuzione degli obblighi nascenti dal contratto d’opera professionale, anche nel caso in cui l’inadempimento sia ascrivibile non solo a sua colpa, ma anche alla responsabilità di coloro di cui si sia avvalso per l’espletamento dell’incarico ricevuto.
Ne deriva che il professionista, che ometta di depositare il ricorso nel termine appena indicato, sia inadempiente alla sua obbligazione e, pertanto, tenuto a risarcire i danni, salva la prova della impossibilità sopravvenuta per causa a lui non imputabile. Quid iuris se i termini per il deposito non siano rispettati perché il corriere, al quale l’avvocato abbia affidato il plico contenente il ricorso affinché lo recapiti al Collega domiciliatario su Roma, lo consegna ad un destinatario sbagliato? Si può ritenere integrata la causa non imputabile, ai fini dell’esonero del professionista dalla responsabilità?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15895/09 del 7.7.09 fornisce una risposta negativa a tale quesito, riconoscendo il diritto del cliente ad ottenere il risarcimento dei danni che sono derivati in suo pregiudizio dalla improcedibilità del ricorso.
Secondo i giudici di Piazza Cavour, in particolare, l’avvocato ha la facoltà di affidare il ricorso a terzi, affinché questi provvedano per suo conto all’adempimento delle successive formalità, quali il deposito, ma non può limitarsi a fare affidamento sulla diligenza dei suoi ausiliari, ovvero del corriere o del servizio postale, essendo tenuto comunque a accertarsi che il deposito avvenga entro i termini stabiliti.
Il professionista, dunque, è in ogni caso responsabile dei danni patiti dal cliente per effetto della mancata esecuzione degli obblighi nascenti dal contratto d’opera professionale, anche nel caso in cui l’inadempimento sia ascrivibile non solo a sua colpa, ma anche alla responsabilità di coloro di cui si sia avvalso per l’espletamento dell’incarico ricevuto.
La soluzione prospettata dalla Corte appare l’effetto di una lineare applicazione dell’art. 1228 c.c. e, per altro verso, rappresenta un fulgido esempio di come, quanto meno con riferimento alle attività c.d. “riturali”, l’obbligazione dell’avvocato sia sempre più una obbligazione di risultato e non di mezzi.
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