sabato 26 dicembre 2009

Limitata la rateizzazione delle multe.

D'ora in avanti sarà più difficile ottenere la rateizzazione per il pagamento delle multe.
A stabilirlo è la sentenza 26932/09 della Corte di Cassazione (II sezione) che ha precisato che il beneficio può essere accordato solo a chi è povero e comunque le rate non possono essere più di trenta.
La stessa Corte ha ricordato come il ricorso alle rateizzazioni deve essere limitato a chi si trova in "condizioni realmente disagiate". Nella parte motiva gli Ermellni ricordano peraltro che a decidere sulle rate è il Comune che ha inflitto la sanzione per violazione del codice della strada e queste non devono mai essere inferiori a 15 euro al mese per un totale massimo di trenta rate.
La Corte ha così accolto il ricorso contro una decisione del Giudice di Pace che aveva concesso ad un automobilista, in debito per diverse contravvenzioni, la possibilità di rateizzarle, pagando 10 euro al mese. Piazza Cavour ha ricordato che non è certo il Giudice a poter stabilire le rate mettendo in chiaro peraltro che "il potere di suddivisione in rate è legato all'esistenza di condizioni economiche disagiate dell'obbligato e non può essere stabilito secondo equità". L'automobilista aveva ricevuto diverse contravvenzioni per aver circolato in corsie riservate ad altri veicoli ed aveva collezionato multe per un totale di ben 2.777,00 euro.
Il giudice di Pace aveva così deciso di autorizzare la rateizzazione in 278 rate da 10 euro al mese. Il Comune naturalmente si è rivolto alla Suprema Corte che accogliendo il ricorso ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la rateizzazione del pagamento ed ha ricordato che "la rateizzazione" è appannaggio esclusivo del Comune e che "non puo' essere inferiore a 15 euro" così come non può superare le trenta rate.
Ora l'automobilista dovrà pagare oltre alle multe anche ulteriori 400 euro per rifondere il Comune delle spese processuali.
Bhè come dice il proverbio chi troppo vuole nulla stringe.

sabato 19 dicembre 2009

Ora mi sembra esagerato ritenere reato la linguaccia.

D'ora in avanti bisognerà fare molta attenzione anche alle smorfie del viso perchè anche fare le linguacce può costituire un ingiuria ed integrare così la fattispecie di reato prevista e punita dall'art. 594 del codice penale.
A me francamente pare una esagerazione questa. Anche il solo fatto di arrivare ad un processo per una liguaccia.
In ogni modo a stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 48306/09 che ha confermato una condanna inflitta ad un 41enne che aveva fatto le linguacce ad un vicino di casa.
Secondo gli ermellini quella smorfia è da considerarsi "idonea ad incidere sul decoro e sull'onore della vittima". E non c'è solo la condanna penale perchè la persona offesa ha diritto anche al risarcimento del danno. Già in primo grado il Giudice di pace aveva emesso sentenza di condanna per quello sberleffo che la persona offesa era riuscita persino a fotografare. Il caso è finito poi davanti alla Cassazione dove l'imputato ha tentato di sostenere che il suo gesto non poteva avere "una oggettiva valenza dispregiativa idonea ad incidere sull'onore della vittima".
Niente da fare però: La V sezione penale ha respinto il ricorso. Sarà ora il giudice civile a dover dererminare la misura del risarcimento del danno.

Finalmente un giro di vite contro l'affissione selvaggia sui muri delle città.

Finalmente una sentenza su un aspetto che ho sempre odiato.
Arrivata infatti la linea dura della Cassazione contro chi affigge volantini sui muri della città. In special modo se l'affissione avviene nei centri storici.
Il giro di vite arriva dalla II sezione penale della Corte di cassazione che promette multe salate per il reato di imbrattamento. E le condanne - chiarisce la Corte - prescinderanno dalla precedente condizione estetica del muro.
Gli Ermellini (sent. n. 47184/09) hanno convalidato una multa di 300 euro ciascuno inflitta a tre ragazzi che avevano affisso volantini pubblicitari relativi a eventi musicali e cinematografici.
Il reato contestato è quello previsto e punito dall'art. 639 del codice penale. Contro la decisione presa inizialmente dal Giudice di Pace, i tre ragazzi si erano rivolti alla suprema Corte deducendo che si sarebbe dovuto tenere conto dello "stato antecedente dei luoghi".
Deducevano inoltre che non vi sarebbe stata la prova che gli edifici su cui avevano apposto i volantini fossero ricompresi nel centro storico della città. La Corte, respingendo i ricorsi, ha osservato che "la condotta di 'imbrattamento' quale quella di affissione di volantini sul muro previa spennellatura di colla sullo stesso, prescinde dalla preesistente condizione estetica del muro stesso, perche' l'atto di imbrattare lede comunque l'interesse giuridicamente protetto".
Per questo "ai fini della verifica della sussistenza dell'elemento oggettivo del reato punito dall'art. 639 c.p. non e' necessario accertare la previa condizione dell'oggetto danneggiato".

venerdì 11 dicembre 2009

A pagare sono sempre i pesci piccoli.

Scompare la figura del difensore civico comunale.
A stabilirlo è un emendamento governativo alla Finanziaria 2010 presentato in Commissione Bilancio, con cui viene disposta l'abrogazione dell'articolo 11 del D.Lgs. 267/2000 T.U. enti locali.
Le funzioni dei difensori civici comunali potranno essere attribuite ai difensori civici della Provincia ove ricade il Comune; costoro assumeranno la denominazione di difensori civici territoriali. Eccezioni saranno previste per realtà metropolitane, tipo Roma, Milano, Torino , Napoli . Nato nell'esperienza costituzionale svedese quale ombudsman di raccordo tra parlamento e potere del sovrano, il difensore del cittadino scandinavo venne munito di penetranti poteri di verifica.
Marginale ed incolore, invece, la figura del difensore civico italiano che non lascia traccia nel panorama giuridico, oltretutto di fatto impossibilitato a svolgere in modo penetrante le funzioni di cane da guardia del cittadino nei confronti dell'Amministrazione Comunale, di cui talora, nella pratica politica e partitica, appare una diretta emanazione.
Tant'è che gli interventi, peraltro numericamente sporadici, del Difensore Civico si limitano a bagatellari vicende, prive di incisività per il cittadino.
Un inutile orpello ed un palliativo oltre che un cospicuo costo dal momento che il Difensore Civico percepisce più o meno l'identico compenso dell'assessore comunale e comporta il distacco di vari impiegati comunali. In realtà, la miglior tutela è sempre e comunque quella apprestata dai tanto bistrattati avvocati, purché seri, lineari nelle modalità di applicazione della tariffa, aggiornati e qualificati. Ciò vale finanche nelle forme accattivanti dei legali on the road, pronti, nel loro negozio aperto per strada, a forme di consultazione veloce, semplificata e deformalizzata.
Bhe che dire probabilmente questa figura non serve.
Giusto allora eliminarla.

sabato 5 dicembre 2009

Non sempre in caso di sinistro è colpa di chi guida l'auto.

La Corte di cassazione con la sentenza che segue e che condivido sembra aver posto fine ad un principio che deve essere sempre l'automobilista ad usare maggiore prudenza.
Infatti, la Corte di cassazione, IV sezione, con la sentenza n. 46741/09 convalidando l'assoluzione di un automobilista che in primo grado era stato condannato per lesioni personali avendo investito una donna che, alla guida di un motorino, lo aveva superato a destra tagliandogli la strada, ha fatto presente che sulla strada ci sono ''troppe condotte imprudenti'' e che per questo non si può pretendere da un automobilista di prevedere anche la condotta indisciplinata altrui.
Nella sentenza si spiega che chi è al volante deve potersi affidare agli altri un pò come un medico che lavora in equipe, diversamente, non solo si arriverebbe a soluzioni irrealistiche ma si ''condurrebbe a risultati non conformi al principio di personalità della responsabilità, prescrivendo obblighi talvolta inesigibili e votando l'utente della strada al destino del colpevole per definizione o, se si vuole, del capro espiatorio''.
Il Tribunale di Ancona aveva ritenuto invece che l'automobilista avrebbe dovuto prevedere anche una manovra irregolare della conducente del ciclomotore.
Ora la Corte ha assolto l'automobilista sottolineato come ''non può esercitare un'influenza contraria il fatto che gli altrui comportamenti imprudenti siano tanto gravi quanto diffusi''.
Un ragionamento del genere, secondo Piazza Cavour ''condurrebbe ad un effetto paradossale: quello di svuotare la forza cogente della disciplina positiva e di generare un patologico affidamento inverso da parte dell'agente indisciplinato sull'altrui attenzione anche nel prevedere le proprie audaci intemperanze comportamentali''.

giovedì 26 novembre 2009

Non commette reato chi circola con il mezzo sottoposto a fermo amministrativo.

Proprio pochi giorni fa avevo suggerito ad un mio amico di utilizzare l'unico mezzo sottoposto (per mero errore e ritardo nella notificazione di una sentenza favorevole) al fermo amministrativo da ben 4 mesi !
Ebbene la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 44498/09 che condivido pienamente ha stabilito che non commette reato chi circola con il mezzo sottoposto a fermo amministrativo.
Gli Ermellini hanno infatti evidenziato che “ritiene la Corte, in adesione ad un dominante orientamento di questa sezione, di ritenere l’insussistenza della violazione dell’art. 334 c.p., allorquando la materialità della condotta di sottrazione abbia ad oggetto beni sottoposti a provvedimento di fermo amministrativo, ai sensi dell’art. 214 D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285. Conclusione negativa che si impone, considerata l’impossibile riconducibilità del ‘fermo amministrativo’, avuto riguardo ai due distinti profili che attengono al principio di tassatività e determinatezza delle fattispecie penali ed al divieto del ricorso della analogia in malam partem”.

lunedì 23 novembre 2009

Ci si salva se il tradimento è unico ed isolato?

Mah non condivido molto questa sentenza in quanto il tradimento è sempre un tradimento. Invece per la cassazione quando sono entrambi i coniugi a violare i doveri che discendono dal matrimonio il fatto che uno dei due abbia tradito non giustifica di per sè la pronuncia di addebito della separazione. Lo afferma la Corte di Cassazione chiarendo che il giudice di merito deve pur sempre procedere ad un raffronto dei comportamenti tenuti da entrambe le parti. Solo questo confronto consente infatti di di stabilire quale delle condotte abbia avuto incidenza nel determinare la crisi coniugale. Secondo i giudici del Palazzaccio (sentenza 6697/09) sussiste un "potere-dovere del giudice del merito di procedere ad un accertamento rigoroso e ad una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, onde stabilire se l'infedeltà di un coniuge (come in genere ogni altro comportamento contrario ai doveri del matrimonio) possa essere rilevante al fine dell'addebitabilità della separazione, essendo stata causa o concausa della frattura del rapporto coniugale, ovvero se non risulti aver spiegato concreta incidenza negativa sull'unità familiare e sulla prosecuzione della convivenza". Il caso preso in esame dalla Corte riguarda una ex moglie a cui i giudici di merito avevano attribuito la colpa della separazione in relazione ad un unico ed isolato episodio di tradimento senza considerare i comportamenti del marito che aveva nascosto per ben due anni alla moglie la sua incapacità di procreare.