domenica 2 agosto 2009

La sentenza emessa dall’Ufficio del Giudice di Pace di Lecce (visibile in allegato) sembra consolidare l’orientamento della Corte di Cassazione che, con la sentenza n° 21816/08, contesta la validità degli accertamenti effettuati dalle Forze dell’Ordine sulla base di semplici rilievi visivi.
Secondo quanto affermato dai Giudici di Piazza Cavour, infatti, non è necessario sporgere querela di falso per contestare quanto affermato da un vigile. In base a quanto statuito dalla predetta sentenza della Cassazione, e richiamato dal Giudice di Pace di Lecce nella sentenza di cui trattasi, “l’efficacia di piena prova sino a querela di falso non sussiste né con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il Pubblico Ufficiale, né con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obiettivo e abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento”.
Nella sentenza emessa dal Giudice di Pace di Lecce, la contestazione sarebbe stata rilevata erroneamente, in quanto il processo formativo del verbale opposto si sarebbe basato su una percezione soggettiva di un veicolo in movimento. Il verbalizzante, infatti, non avrebbe dato prova di quanto contestato al ricorrente con il verbale opposto.
Nel giudizio ex art. 22 e 23 legge 689/81, si realizza una inversione dell’onere della prova in favore del ricorrente, atteso che la P.A., assumendo la veste sostanziale di attrice è chiamata a provare, ai sensi dell’art. 2697 c.c., la fondatezza dei fatti e delle motivazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e, quindi, la sussistenza della pretesa sanzionatoria.
Avv. Raffaello Esposito
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Di seguito la sentenza.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL GIUDICE DI PACE DI LECCE

Avv. Franco Giustizieri ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A


nella causa civile iscritta al numero del ruolo generale indicato a margine, avente l’oggetto pure a margine indicato, discussa e passata in decisione all’udienza del 05.11.2008, promossa da S.G.. rappresentato e difeso dall’Avv. Raffaello Esposito del Foro di Taranto, elettivamente domiciliato in Lecce presso lo studio dell’avv. L. P.

ricorrente –

Contro: Prefetto di Lecce; - resistente -

All’udienza del 05.11.2008 la causa è stata decisa sulle conclusioni rassegnate dalla parte ricorrente.

Svolgimento del processo

Con ricorso al Giudice di Pace di Lecce, depositato in Cancelleria in data 12.05.2008, parte ricorrente proponeva opposizione avverso il verbale di accertamento di violazione al cds n. XXXXXXX, irrogato in data 24.03.2008 e notificato immediatamente, per la presunta violazione dell’art. 141 commi 3 e 8 cds, elevato dalla Stazione di Carabinieri di Melendugno, al conducente del veicolo tg. XXXXXXX perchè "ometteva di regolare adeguatamente la velocità in modo da non costituire pericolo in prossimità di intersezione stradale" con detto verbale alla parte ricorrente era irrogata la sanzione amministrativa di € 74,00 oltre alla decurtazione di cinque punti della patente di guida. Lo stesso ricorrente con il ricorso eccepiva e sosteneva quanto segue.

Inesistenza della violazione. Dal verbale impugnato non si evincevano le circostanze di fatto esistenti al momento della presunta infrazione. Mancanza di motivazione ed eccesso di potere. Strada poco trafficata. Errore di percezione diretta del reale accadimento.

Concludeva parte ricorrente per una dichiarazione di nullità del verbale impugnato, con vittoria di spese.
Preliminarmente questo Giudice provvedeva, con proprio decreto, a fissare innanzi a sé l’udienza di comparizione delle parti.
Nessuno si costituiva per il Prefetto di Lecce, il quale attraverso l’organo accertatore provvedeva ad inviare nei termini la documentazione di cui all’art. 23 legge 681/81, corredata di apposita memoria difensiva.
All’udienza del 05.11.2008 venivano rassegnate le conclusioni della parte ricorrente, indi questo Giudice provvedeva a delibare la causa, dando lettura del dispositivo in udienza.
Motivi della decisione
Preliminarmente, rilevata la tempestività dell’opposizione proposta in data 12.05.2008, avverso la sanzione amministrativa n. XXXXXX, elevata dalla Stazione dei Carabinieri di Melendugno e notificata in data 24.03.08, la medesima opposizione deve essere accolta per i seguenti motivi.
Preliminarmente và rilevato che dalla lettura del verbale opposto è emerso che il verbalizzante impegnato alla disciplina del traffico, situazione questa che condiziona tutto il processo formativo, rilevava la presunta infrazione erroneamente.
Infatti, parte ricorrente ha dedotto in giudizio che il mezzo contravvenzionato al momento della rilevazione attraversava l’incrocio predetto a velocità moderata ed in ossequio alle norme dettate dal Codice della Strada, perciò il conducente in prossimità dell’intersezione stradale regolava la velocità e non costituiva pericolo come sostenuto dagli agenti verbalizzanti, quindi contestava la rilevazione effettuata dall’organo accertatore che ricostruiva la dinamica con una visione postuma all’effettivo svolgersi del fatto, suscettibile quindi la stessa di valutazione erronea non essendoci stata una visione diretta del fatto.
Pertanto, non si comprende quale fosse in quel giorno il tipo di violazione commessa, visto che il transito del veicolo al momento della presunta infrazione non ha violato alcuna norma del Codice della Strada. Dunque, alla luce di tale situazione di fatto, anche a seguito della contestazione effettuata dalla parte ricorrente, và ritenuto che nel giudizio ex art. 22 e 23 legge 689/81, si realizza una inversione dell’onere della prova in favore del ricorrente, atteso che la P.A., assumendo la veste sostanziale di attrice è chiamata a provare, ai sensi dell’art. 2697 c.c., la fondatezza dei fatti e delle motivazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e, quindi, la sussistenza della pretesa sanzionatoria.
L’inadempienza, si ribadisce, assume quindi rilevanza giuridica posto che il Giudice, a seguito delle contestazioni rilevate dalla parte ricorrente, non è stato messo in condizioni di comprovare la legittimità della pretesa sanzionatoria portata avanti Sezione Carabinieri di Melendugno.
In definitiva, il ricorso esattamente per tutte queste motivazioni, in assenza di elementi contrari, è accolto ed il relativo verbale annullato, unitamente ad ogni altro atto ad esso presupposto e/o consequenziale..
Restando assorbita ogni altra deduzione, eccezione e conclusione.
Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Il Giudice di Pace di Lecce accoglie il ricorso.

Spese compensate.

Così deciso in Lecce 05.11.2008

Il Cancelliere Il Giudice di Pace

Avv. Franco Giustizieri

sabato 1 agosto 2009

La Cassazione ha detto stop agli sms inesiderati.

Ora infatti si rischia anche una condanna per violenza privata se il loro contenuto costituisce una violenza morale. Con la sentenza n. 31758/09 la V sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha sottolineato che alcuni messaggini possono configurare qualcosa di più rispetto a una semplice molestia tanto da potersi parlare appunto di una vera e propria ''violenza morale'' che fa scattare la condanna a norma dell'art. 610 c.p..
Il caso affrontato dalla Corte riguarda un uomo di 55 anni condannato per violenza privata per avere inviato degli sms al marito della sua amante cercando di indurlo a tirarsi indietro dal tentativo di riconciliarsi con la moglie. L'uomo era stato anche condannato per minaccia perchè aveva cercato di indurre la sua amante a riprendere la relazione minacciando altrimenti di diffondere video in cui erano ripresi i loro rapporti sessuali. Nel ricorso in Cassazione l'uomo aveva sostenuto che i suoi messaggini non potevano essere motivo per una condanna per violenza privata ma la Corte gli ha respinto il ricorso evidenziando che "i messaggi inviati al marito adombrano chiaramente una condotta di violenza privata ai danni del marito di [...] e denotano la conferma solare della violenza morale attuata nei confronti della donna''.

domenica 26 luglio 2009

Se il cane abbaia disturba ovvio. Quindi in casi estremi giusto il risarcimento del danno per il disturbo arrecato ai vicini.

Si dice che "can che abbaia non morde", e forse è vero, ma di certo disturba la quiete e il riposo delle persone. Proprio per questo la Corte di Cassazione invita a mettere la sordina agli amici a quattro zampe che si dimostrano troppo vivaci e il loro abbaiare va oltre la normale tollerabilità Secondo la Corte il disturbo c'è sempre e non solo in un contesto cittadino, ma anche se il cane è tenuto in aperta campagna. E' stato così riconosciuto il "danno da latrato" dalla Prima sezione penale della Corte (sent. 29375/09) che ha confermato una multa di 200 euro per disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone con tanto di risarcimento del danno ai vicini che per lungo tempo avevano dovuto sopportare il continuo abbaiare dei cani accuditi da una cinofila.
Nella parte motiva della sentenza si legge che gli animali spesso abbaiavano anche di notte disturbando due famiglie che vivevano nella zona. Gli ululati si sentivano anche a distanza di 100 metri. La difesa di chi accudiva gli animali aveva sostenuto che i vicini non potevano lamentarsi dato che gli animali si trovavano in aperta campagna ed aveva anche evidenziato il proprio amore per gli animali che accudiva gratuitamente. Piazza Cavour però non ha sentito ragione evidenziando che l'amore per gli animali "non discrimina la condotta". Il fatto poi che ci si trovasse in campagna "resta irrilevante poichè anche le persone che abitano in campagna hanno diritto al rispetto del riposo e chi vuole tenere dei cani nei pressi di altre abitazioni, sia in città che in campagna, deve usare gli accorgimenti necessari per evitare il disturbo dei vicini, come ha esattamente rilevato la sentenza impugnata". Quanto al criterio della "normale tollerabilita" la Corte scrive che "Il criterio va riferito alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti, mentre è irrilevante la eventuale assuefazione di altre persone che abbiano giudicato non molesti i rumori".

martedì 21 luglio 2009

La prova evidente che non sempre le cinture di sicurezza salvano la vita.

Oggi mi sento di segnalare per vari motivi il gesto di questo (solo ora) premiato eroe Otrantino che tre anni fa salvò sulla A14 una coppia di coniugi rimasti intrappolati nella loro autovettura capovolta e in fiamme.
A voler segnalare oggi non è solo il fatto che l'eroe in questione al quale faccio i complimenti è Otrantino ma soprattutto il fatto che proprio l'uso delle cinture di sicurezza nel caso specifico come sostengo nei miei ricorsi stava causando due morti.
Qualcuno si chiederà il motivo di questo mio post ma per chi mi segue ormai da tempo sa bene che io sostengo che l'uso delle cinture di sicurezza debba essere facoltativo e non invece obbligatorio poichè non si può morire per "legge".
Salvo a non chiedere poi il risarcimento dei danni allo Stato per aver obbligato all'uso delle cinture di sicurezza.
Ebbene nell'occorso all’interno dell’auto, il militare, trovò due coniugi in preda alle fiamme e alle lamiere contorte e senza perdersi d’animo e con lucida freddezza frantumò il vetro della portiera anteriore senza alcuna esitazione e procuratosi un estintore si creò un varco tra le fiamme.
Tirò fuori la donna rimasta bloccata anche dalle cintura di sicurezza e dopo averla adagiata sull’asfalto soccorse anche lo sfortunato marito.
Con questo atto eroico Stefano Panareo, oggi maresciallo della G.d.F. di San Pietro Vernotico, si è guadagnato una medaglia di bronzo al valor civile.
Congratulazioni.

sabato 18 luglio 2009

Non rivelate mai le "corna".

L'Amante che invia sms alla rivale tradita per farle sapere del tradimento rischia una multa per il reato di molestie. Secondo la Corte di Cassazione infatti chi riceve messaggi del genere viene leso nella sua dignità e a nulla rileva il fatto che il tradimento fosse noto.
I giudici hanno così respinto il ricorso di una donna calabrese che i giudici di merito avevano condannato a 300 euro di multa per il fatto di aver rilevato le corna alla moglie del suo amante inviandole 5 sms.
Nel ricostruire la vicenda, la Corte di cassazione, I sezione penale, con la sentenza n. 28852/09 evidenzia che l'imputata aveva inviato messaggi che facevano riferimento alla relazione sentimentale clandestina riportando anche ''asserite espressioni dell'uomo in termini sprezzanti nei confronti della compagna''. Il tribunale aveva considerato il comportamento inammissibile e lesivo "della dignità oltre che del decoro e dell'onore della persona offesa'' anche se i messaggi erano stati pochi. Davanti alla Suprema Corte la donna ha fatto presente che la relazione clandestina era già stata scoperta e che non si può parlare di molestia a fronte di un numero irrisorio di sms. Nel respingere il ricorso la Corte ha evidenziato che la molestia ''puo' essere arrecata anche mediante l'invio di brevi messaggi di testo''. Ora a parte la multa, l'amante che ha rivelato le corna dovrà ora pagare le spese processuali oltre a 1.000 euro alla cassa delle ammende.

giovedì 9 luglio 2009

Finalmente riconosciuto un concetto che ripeto da anni nei miei ricorsi.

Finalmente la Corte di cassazione ha riconosciuto un concetto che io ripeto da anni nei ricorsi predisposti da me per amici e parenti.
E cioè se i comuni intendono disporre la circolazione a targhe alterne sono obbligati a fare una preventiva campagna mediatica per rendere conoscibile i divieti imposti anche agli automobilisti che vengono da fuori città. In sostanza è necessaria una adeguata campagna mediatica che sia conoscibile anche fuori dalla cinta cittadina. I comuni inoltre devono collocare "cartelli indicanti il divieto su tutte le vie d'accesso" per avvisare gli automobilisti del limite di circolazione. In mancanza di tuto questo eventuali multe vanno annullate. La decisione è stata presa dalla seconda Sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza 15769/2009) che ha annullato una contravvenzione fatta a una signora che in viaggio a Roma aveva circolato senza rispettare le limitazioni imposte dalle targhe alterne. In prima battuta il Giudice di Pace convalidava la contravvenzione sostenendo che "le ordinanze sindacali di divieto di circolazione per le auto per prevenzione dell'inquinamento atmosferico sono propagate a mezzo mass media e portate a conoscenza degli automobilisti anche attraverso cartelli". Secondo il Giudice di pace la donna che proveniva da altra città avrebbe dovuto informarsi. Con successo l'automobilista ha fatto ricorso in Cassazione evidenziando di non essere assolutamente a conoscenza delle disposizioni che precludevano la circolazione a Roma. I Giudici della Corte le hanno dato ragione bacchettando il giudice di pace ed annullando la multa. Le targhe alterne, spiega la Corte, sono "disposizioni da considerarsi eccezionali rispetto alla normativa generale del Cds la cui conoscenza e' obbligatoria per tutti gli utenti di tutte le strade, si deve ritenere che incomba sull'ente proprietario delle specifiche strade sulle quali e' imposto l'eccezionale divieto l'onere di dimostrare la responsabilita' del preteso contravventore per essere state adottate tutte le possibili e per questo esaustive misure di informazione di modo che qualunque utente di queste strade, qualsiasi ne sia la provenienza, non possa fondatamente allegare di non conoscere la disposizione". Secondo Piazza Cavour il Giudice di Pace "ha risposto con motivazione del tutto generica e inconferente" dato che "non ha allegato che il comune di Roma avesse provato la diffusione della notizia anche con media generalmente conoscibili fuori dalla citta' e l'apposizione di cartelli indicanti il divieto su tutte le vie d'accesso" alla città.
Concetto e principio che secondo la mia umile dovrebbe valere anche per le restanti ipotesi per chi non è residente.

mercoledì 8 luglio 2009

Un prestito tra marito e moglie? Non si restituisce.

Un prestito tra marito e moglie? Non si restituisce o per lo meno non si può ottenere giudizialmente la restituzione. A stabilirlo è la Corte di cassazione con la sentenza 12551/09 che condivido ovviamente anche se il caso fosse al contrario.
La Corte ha infatti bocciato il ricorso di una donna separata che aveva chiesto la restituzione di un prestito di 19mila euro fatto al suo ex consorte per pagare un mutuo "aperto nel corso del matrimonio per lavori alla casa coniugale e per il ripianamento dei debiti dell'impresa del marito".
Secondo la Corte, questo genere di prestiti, tenendo conto dello spirito del mutuo soccorso proprio del matrimonio dovrebbero rimanere "nella riservatezza della vita familiare".
La Suprema Corte ha sottolineato inoltre che i 'prestiti' tra coniugi sono una modalità per fare fronte a quella solidarietà reciproca che dovrebbe esistere tra marito e moglie. In ogni caso, spiegano gli Ermellini, "il giudice di merito ha evidentemente escluso la sussistenza di circostanze", tali da determinare la restituzione del denaro, "in particolare non ha considerato tali, la documentazione prodotta dalla moglie, nè il fatto che la consegna o un prestito di denaro tra coniugi avviene generalmente nella riservatezza della vita familiare, nè che i lavori di ristrutturazione della casa coniugale sono stati effettivamente eseguiti".