In materia di insidie stradali la Corte di Cassazione ha ribadito che in linea generale non si può escludere l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. nei confronti dell'ente proprietario della strada, se tali beni hanno una notevole estensione tale da non consentire una idonea vigilanza per evitare situazioni di pericolo.
La Corte con la sentenza n. 24529/09, richiamando un orientamento precedentemente espresso (Cass., n. 20427/08) ricorda di aver superato il precedente indirizzo, secondo cui l'art. 2051 c.c., sarebbe "applicabile nei confronti della P.A., per le categorie di beni demaniali quali le strade pubbliche, solamente quando, per le ridotte dimensioni, ne è possibile un efficace controllo ed una costante vigilanza da parte della P.A., tale da impedire l'insorgenza di cause di pericolo per gli utenti".
Il nuovo orientamento è ora nel senso di dover affermare il diverso principio per cui "la responsabilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto al quale la si imputa sia in grado di esplicare riguardo alla cosa stessa un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e di escludere che altri vi apporti modifiche". Nella motivazione la Corte chiarisce:
a) che per le strade aperte al traffico l'ente proprietario si trova in questa situazione una volta accertato che il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa (e l'onere probatorio di tale dimostrazione grava, palesemente, sul danneggiato);
b) che è comunque configurabile la responsabilità dell'ente pubblico custode, salvo che quest'ultimo non dimostri di non avere potuto far nulla per evitare il danno;
c) che l'ente proprietario non può far nulla quando la situazione che provoca il danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada ma in maniera improvvisa, atteso che solo quest'ultima (al pari della eventuale colpa esclusiva dello stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto) integra il caso fortuito previsto dall'art. 2051 c.c., quale scriminante della responsabilità del custode".
In sostanza, conclude la Corte, "agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito è in linea generale è applicabile l'art. 2051 c.c., in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla sua estensione" Ribaltando la precedente decisione dei giudici di Merito la Corte spiega che l'errore della sentenza impugnata è stao quello appunto di aver escluso "l'applicabilità dell'art. 2051 c.c., in ragione della estensione del bene demaniale".
Per quanto riguarda poi "l'indagine sulla diligenza dell'ente proprietario e sull'adeguatezza del suo intervento" si tratta di profili che rilevano nell'ambito dell'accertamento della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c. e non in relazione all'art. 2051. "La P.A. per escludere la responsabilità che su di essa fa capo a norma dell'art. 2051 c.c., deve infatti provare che il danno si e verificato per caso fortuito, non ravvisabile come conseguenza della mancata prova da parte del danneggiato dell'esistenza dell'insidia". Chi è stato vittima dell'incidente, infatti, "non deve provare quest'ultima, così come non ha l'onere di provare la condotta commissiva od omissiva del custode, essendo sufficiente che provi l'evento danno ed il nesso di causalità con la cosa".
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