giovedì 28 maggio 2009

Pedoni attenti a non attraversare la strada fuori dalle strice pedonali.

Pedoni attenzione. D'ora in avanti chi ha la cattiva abitudine di attraversare la strada fuori dalle strisce pedonali può rischiare una multa. E in caso di incidente la colpa è sempre sua. Parola di Cassazione. Il monito della Corte è tassativo: i pedoni vanno sempre multati. Nel caso esaminato degli Ermellini, la Corte ha così convalidato la sanzione amministrativa disposta dalla polizia municipale di Massa nei confronti di un uomo che aveva attraversato la carreggiata senza servirsi degli appositi passaggi pedonali che si trovavano a circa 20 metri dal luogo dell'attraversamento. Nela sentenza i supremi Giudici spiegano inoltre che, nel caso in cui il pedone abbia attraversato fuori dalle strisce e sia rimasto vittima di un incidente, la colpa e' sempre sua. La sanzione amministrativa nei confronti dell'incauto pedone era stata convalidata dal giudice di pace di Massa nel settembre 2004. Inutile il ricorso per Cassazione in cui per difendersi l'uomo aveva anche sostenuto che nel verbale mancava l'indicazione della norma violata. La Corte (sent. 11421/09) respingendo il ricorso ha osservato che la contravvenzione è legittima giacchè vi è stato un attraversamento della strada "al di fuori delle strisce pedonali poste a circa 20 metri dal luogo dell'attraversamento''. Per violazioni del codice della strada, conclude poi la Corte, ''la mancata indicazione della norma che prevede la sanzione contestata non comporta di per se' la nullita' della contestazione della violazione dove l'interessato sia stato posto in condizione di conoscere il fatto addebitato e la contestazione sia stata idonea a garantire l'esercizio del diritto di difesa''.
Ringrazio come sempre Roberto Cataldi.

Sentenza sulle insidie stradali.

Interessante la sentenza 11709/09 della Corte di cassazione.
D'ora in avanti gli enti che hanno il compito diprovvedere alla manutenzione delle strate devono prestare particolare attenzione. Buche, tombini, lavori in corso e insidie di diverso genere presenti sulle strade debbono esere sempre segnalati. In caso contrario, avverte la Cassazione, la mancata segnalazione darà luogo a responsabilità degli enti tenuti alla manutenzione delle strade, in caso di incidente stradale. La Corte (sentenza 11709/2009), in particolare, ha accolto il ricorso di un automobilista che per ben due volte si era visto attribuire la colpa esclusiva di un incidente avvenuto a Fiumicino per la presenza di un tombino "fortemente sporgente dal suolo stradale" e non segnalato. I giudici di merito avevano ritenuto che l'unico colpevole dell'incidente fosse l'automobilista che, andando a forte velocita' aveva investito un automobile parcheggiata nel giardino di un'abitazione. I giudici della Corte ribaltando il verdetto hanno invece evidenziato che, al di la' dell'alta velocita' tenuta dall'automobilista, sicuramente "l'omessa segnalazione dei lavori e del tombino ha avuto una rilevanza causale in ordine al sinistro". Nella sentenza la Corte evidenzia che, pur ammettendo che l'automobilista "tenesse una velocita' eccessiva, la presenza di un cartello di segnalazione e pericolo gli avrebbe consentito di adottare le manovre di emergenza (in particolare, di ridurre drasticamente la velocita'), necessarie ad evitare l'incidente o ad evitarne le conseguenze dannose". Sarà ora necessario fare un nuovo processo in cui si dovrà denere conto della "rilevanza della negligenza dell'ente tenuto alla manutenzione della strada, quanto meno al fine di ravvisare un concorso di colpa e carico dello stesso".

lunedì 18 maggio 2009

Passaggio col semaforo rosso? Se la targa non è ben leggibile il verbale è da annullare-

Interessante il principio con cui il GdP di Lecce con una recente sentenza, depositata il 9 aprile, ha accolto il ricorso proposto da un’automobilista avverso un verbale elevato da agenti di PM per il presunto attraversamento dell’incrocio stradale col semaforo proiettante luce rossa.
La pronuncia conferma l’illegittimo utilizzo, da parte dei VVUU, degli apparecchi Photored che per il Giudice di Pace di Lecce non rispettano nessuna delle regole imposte dalle norme e più volte ribadite da recenti pronunce della Cassazione.
Per il Giudice adito, infatti, l’apparecchio in questione non consente di derogare alla regola generale della contestazione immediata delle infrazioni. Peraltro, il photored per essere utilizzato legittimamente deve scattare due foto ad un intervallo di tempo ben preciso l’una dall’altra e deve essere installato ad una certa altezza per non essere manomettibile. Nel caso, viceversa, nella seconda foto la targa è illeggibile, e quindi non consente di addebitare con certezza l’infrazione al ricorrente, né il verbale risulta sottoscritto e pertanto “non può ritenersi rispettoso delle norme del CdS che nel caso della contestazione non immediata impongono una serie di attività per nulla dimostrate nel corso del procedimento” (Nota di Alfredo Matranga).
Di seguito la sentenza del 30 marzo 2009 del Giudice di Pace di Lecce.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL GIUDICE DI PACE DI LECCE
Avv. Anna Maria Aventaggiato
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nella causa civile iscritta al numero del ruolo generale indicato a margine, avente l'oggetto pure a margine indicato, discussa e decisa all'udienza del 30.03.2009,
promossa da: ………., elettivamente domiciliato in Lecce, rappresentato e difeso dall'avv.to A. Matranga, come da mandato in atti,
CONTRO
Comune di ........., in persona del Sindaco pro tempore,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 12.12.2008 ……… proponeva opposizione avverso il verbale di accertamento n. PH 1957/2008, rilevato dalla Polizia Municipale di ..... il 27.07.2008 e notificato il 25.10.2008, per violazione dell'146 co.3° del C.d.S., per aver attraversato l'intersezione semaforizzata mentre la lanterna semaforica proiettava luce rossa, con decurtazione di punti 6 dalla patente di guida. Infrazione accertata a mezzo apparecchiatura elettronica F 17A, senza che in loco vi fosse alcun vigile preposto al controllo. Deduceva il ricorrente l'illegittimità dell'accertamento operato dalla Polizia Municipale di ...... per incompetenza territoriale ed errata applicazione di legge sull'utilizzo delle strumentazioni elettroniche ed in particolare la inidoneità e non corretta funzionalità delle stesse, la mancata contestazione immediata, la mancata omologazione e taratura e la irregolarità delle operazioni connesse alla elevazione, formazione del verbale e successiva notifica, con conseguente violazione delle norme che garantiscono e tutelano il cittadino sulla corretta applicazione di tale strumentazione. Concludeva per l'accoglimento del ricorso e per l'annullamento del verbale opposto. Disposta la comparizione delle parti per l’udienza del 30.03.09, ricorso e decreto venivano regolarmente notificati al ricorrente ed al Comune di ........, il quale provvedeva a rimettere a questo Giudice la documentazione relativa all'illecito amministrativo di cui trattasi. Alla suddetta udienza, fissata anche per la discussione, compariva solo il procuratore del ricorrente che si riportava ai propri scritti, chiedendone l'accoglimento. Il Giudicante decideva il ricorso, dando lettura in udienza del dispositivo.
Motivi della decisione
Il ricorso proposto da……………avverso il verbale PH no 1957/08, elevato dalla Polizia Municipale di .....è fondato e va, pertanto, accolto. Il verbale oggetto del presente ricorso e l'accertamento che esso presuppone si fondano esclusivamente sulle risultanze dell'apparecchiatura PHOTORED F 17 A e pertanto, non vi è prova certa sulla responsabilità dell'opponente atteso che al momento del rilevamento dell'infrazione lo strumento elettronico utilizzato era ancora omologato ai sensi del precedente decreto del 27 gennaio 2t00 — Prot. 430 del Ministero dei Lavori Pubblici, per il quale era richiesta necessariamente la presenza dell'operatore di Polizia Municipale ed erano omologati solo come "ausilio a vigile in servizio" per la lettura e la trascrizione manuale delle targhe dei veicoli in infrazione e che fosse in funzione, oltre l'incrocio, altra lanterna semaforica di ripetizione del segnale, in posizione tale da poter essere inquadrata nel campo di visuale dell'apparecchio fotografico. In merito, pertanto, si precisa che, in deroga al principio generale della contestazione immediata, possono essere accertate infrazioni al C.d.S. in assenza dell'organo di polizia, solo se il rilevamento avvenga a mezzo di utilizzo di apparecchiature debitamente omologate e previa l'applicazione ed osservanza delle prescrizione imposte come ad es. che l'apparecchiatura sia installata in posizione protetta e non manomettibile, la foto deve riprodurre la panoramica dell'incrocio, con il semaforo o l'altra lanterna dopo l'incrocio, devono essere scattate almeno due fotografie, una dopo il superamento della linea di arresto, che deve essere visibile e l'altra quando il mezzo è al centro dell'incrocio; inoltre, proprio perché l'omologazione prevede un lasso di tempo tra il primo ed il secondo scatto, sembra scontato che sulle foto debbano essere indicati anche i secondi. Ebbene, in merito a tanto, nulla la PA ha provato in ordine alla perfetta funzionalità ed omologazione dell’apparecchiatura elettronica utilizzata. Per le considerazioni innanzi esposte è evidente, di conseguenza, l’insufficienza della sola documentazione fotografica, nel caso di specie, una riproducente il veicolo fermo prima della linea di arresto e l’altra con veicolo con targa illeggibile, a costituire piena prova dell’avvenuta violazione dell'art. 146 comma 3° del C.d.S., con conseguente applicazione dell'art. 23, penultimo comma della 1.689/81, che impone l'accoglimento dell'opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell' opponente. Ed invero, l'esame del verbale di accertamento e contestazione inviato al ricorrente per mezzo posta, prestampato è predeterminato nella sua motivazione e nel caso di specie, nemmeno sottoscritto, non può ritenersi rispettoso delle norme del C.d.S., le quali, nelle ipotesi di mancata contestazione immediata, impongono una serie di attività per nulla dimostrate nel corso del procedimento. Il verbale de quo è stato, pertanto, illegittimamente emesso e conseguentemente il ricorso e fondato e deve essere accolto. In considerazione della materia trattata, ritiene il Giudicante che sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.

Il Giudice di Pace di Lecce: accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla il verbale n. PH 1577/08 della Polizia Municipale di .........con ogni conseguenza di legge.
Spese compensate.
Cosi deciso in Lecce il 30.03.09.

domenica 17 maggio 2009

Chi di noi non subisce minacce e richieste di soldi dai parcheggiatori abusivi?

Chi di noi non ha avuto a che fare con i parcheggiatori abusivi?
Ebbene la Corte di cassazione con la sentenza n. 20072/09 ha stabilito che commette il reato di tentata estorsione il parcheggiatore abusivo che con atteggiamento intimidatorio minaccia l'automobilista per farsi dare qualche euro.
Nel caso di specie sono state escluse le ipotesi meno gravi di cui agli art. 393 e 610 c.p..

venerdì 15 maggio 2009

Anche il giudizio di un teste può formare il convincimento di un Giudice.

Interessante la sentenza n. 9526/09 della III sez. civile della Corte di cassazione.
Finora il teste nel momento di rilasciare la propria testimonianza veniva prontamente bloccato se esprimeva anche i propri giudizi sulla vicenda per la quale veniva sentito.
Ebbene ora la Corte di cassazione intervenendo in materia di prova testimoniale ha stabilito che nel compiere la valutazione delle risultanze istruttorie "secondo il suo prudente apprezzamento" come dispone l'art. 116 del c.p.c., può formare il suo convincimento anche sulla base di giudizi espressi dal teste.
La Corte, in particolare, chiarisce che "In materia di prova testimoniale, benché i giudizi non possano costituire oggetto di prova, essendo vietato demandare ai testi la valutazione dei fatti, laddove si tratti di apprezzamenti di assoluta immediatezza, praticamente inscindibili dalla percezione dello stesso fatto storico, essi possono concorrere al convincimento del giudice".
Il caso esaminato dalla Corte riguarda una donna che scivolando sul pavimento di una sala di un museo aveva riportato lesioni. L'unico teste presente al fatto aveva riferito in merito alle condizioni del pavimento ed aveva affermato che lo stesso era scivoloso.
La Corte d'Appello aveva ritenuto la testimonianza non potesse assumere valore perchè il teste aveva espresso un giudizio sulla causa della caduta. La Suprema Corte ha bocciato la decisione dei giudici di merito chiarendo, sostanzialmente, che il divieto di esprimere giudizi non va applicato in maniera categorica ed assoluta.

venerdì 8 maggio 2009

Ovvio: anche i Sindaci debbono rispettare i loro stessi regolamenti.

Mi sembrava dovesse essere già una cosa scontata questa decisione della Corte di cassazione.
In ogni modo da ora in avanti i primi cittadini dunque sono passibili di condanna penale se non rispettano i propri regolamenti. Sulla scorta di tale principio la Corte ha convalidato una condanna per minacce nei confronti di un sindaco multato da un suo vigile per avere percorso una strada in senso vietato. Nell'occasione il primo cittadino aveva detto ''Io sono il tuo capo, devi obbedire ai miei ordini, domani ti voglio nel mio ufficio a rapporto''.
Il vigile rilevato che il sindaco stava transitando in una zona interdetta al traffico proprio per una sua ordinanza sindacale, aveva proceduto a multarlo. Di qui la risposta minacciosa che ha fatto finire il caso in tribunale. I giudici di merito hanno accertato la sussistenza del reato di minacce disponendo anche un risarcimento di 5 mila euro. Inutile il ricorso in Cassazione in cui si era cercato di attenuare la pena sulla base del rilievo che la frase era stata pronunciata in uno stato di ''ira sociale davanti all'arroganza della vigilessa animata dalla smania di censurare pubblicamente il sindaco''.
La Corte (sent. 19021/09), ha respinto il ricorso evidenziando che la decisione dei giudici di merito è legittima perchè "l'imputato era sempre il capo dell'amministrazione comunale e si trovava in una situazione di superiorità gerarchica rispetto alla parte offesa'', per cui ''la minaccia era certamente grave proprio in considerazione della subordinazione gerarchica''.

Caro ex .... non entrare in quella casa.

Una sentenza questa non del tutto condivisibile ma che merita la massima attenzione.
Infatti secondo la sentenza n. 19116/09 della Corte di cassazione l'ex marito che fa ingresso nella ex casa coniugale commtte reato e deve risarcire il danno se non autorizzato (ma potrebbe anche esserlo stato verbalmente) dalla moglie.....
Bhè mi sembra un tantino esagerata questa sentenza poichè sarebbe una motivazione valida per una vendetta da parte della ex anche in caso di buon rapporto. Ciò che stupisce è che la sentenza comprende anche l'ipotesi che l'ex marito sia comproprietario della casa.
Ebbene secondo i giudici della corte se la casa è stata assegnata alla moglie, un ingresso non autorizzato integra la fattispecie del reato di invasione di edificio e questo da anche diritto ad ottenere il risarcimento.
I giudici per il caso in questione ha confermato la condanna ad una provvisionale di 15.500,00 euro per l'invasione della casa assegnata all'ex consorte.
In primo grado l'uomo era stato assolto dal Tribunale di Roma. La Corte d'Appello invece lo aveva ritenuto colpevole condannandolo al pagamento di una provvisionale di 15.500,00 euro per il reato di invasione di edificio. Inutile il ricorso in Cassazione in cui l'ex marito aveva sostenuto di essere comproprietario dell'appartamento e che il risarcimento da liquidare alla moglie era eccessivo anche considerato il fatto che lei intendeva darlo in affitto per 600,00 euro mensili.
I giudici di Piazza Cavour hanno respinto il ricorso evidenziando la manifesta infondatezza dei motivi "che preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità".