giovedì 8 ottobre 2009

Interessante sentenza sul sequestro preventivo dei veicolo.

L'art. 186, comma 2, del C.d.S. consente il sequestro preventivo - e la conseguente confisca - del veicolo in comproprietà, in quanto la norma esclude soltanto la confisca di veicolo appartenente ad un terzo, in ragione della tutela del suo diritto di proprietà, e del fatto che la presunzione assoluta di pericolosità derivante dall'uso del veicolo può risultare attenuata solamente in tale ultimo caso, mentre in caso di comproprietà, la presunzione medesima rimane integra. Di seguito la sentenza n. 24015/09.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri: Dott. MOCALI PIETRO Presidente Dott. CAMPANATO GRAZIANA Consigliere Dott. BRUSCO CARLO GIUSEPPE " Dott. MASSAFRA UMBERTO " Dott. MARESCA MARIAFRANCESCA "

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso presentato da:
1) X.Y. n. il XX/XX/19XX

avverso ordinanza del 22/09/2008 Trib. Libertà di Latina

sentita la relazione fatta dal Consigliere BRUSCO CARLO GIUSEPPE
sentite le conclusioni del P.G. Dr. AURELIO GALASSO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
La Corte osserva:
1) X.Y. ha proposto ricorso avverso l'ordinanza 3 ottobre 2007 del Tribunale di Latina, sezione per il riesame delle misure cautelari reali, che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo emesso il 1° luglio 2008 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale ed avente ad oggetto un'autovettura a lui sequestrata.
Il Tribunale ha ritenuto legittimo il provvedimento emesso in relazione ad un procedimento per il reato di cui all'art. 186 del codice della strada (guida in stato di ebbrezza) rilevando come non fosse ostativa al sequestro preventivo la circostanza che l'autovettura fosse in comproprietà con altre persona (la madre del ricorrente) e che il fatto non poteva essere ritenuto occasionale essendo ciò escluso dall'elevato tasso alcolico rilevato.

2) A fondamento del ricorso si deduce, con il primo motivo, la violazione dell'art. 186 comma 2° del codice della strada e dell'art. 240 comma 2° cod. pen. perché il Tribunale non avrebbe considerato che il veicolo non era di proprietà esclusiva del ricorrente e l'interpretazione data dal Tribunale si porrebbe in contrasto con la lettera e la ratio della norma che prevede la confisca del veicolo.
Con il secondo motivo si deduce invece la violazione dell'art. 125 comma 3° c.p.p. perché il Tribunale non avrebbe considerato che si trattava di condotta occasionale e quindi difettavano le esigenze cautelari che peraltro non avrebbero potuto essere ravvisate nell'elevato tasso alcolico in mancanza di precedenti specifici.

3) Va preliminarmente rilevato che il sequestro preventivo in esame è stato disposto in base al nuovo testo dell'art. 186 comma 2° del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 (codice della strada) modificato dall'art. 4 del d.1. 23 maggio 2008 n. 92 convertito, con modificazioni, nella 1. 24 luglio 2008 n. 125 (misure urgenti in materia di sicurezza pubblica).
Con questa modifica legislativa sono stati introdotti i seguenti periodi nel secondo comma dell'art. 186: "Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato ai sensi dell'art. 240, secondo comma, del codice penale, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato."
Come è agevole verificare dal tenore della norma, si tratta di confisca obbligatoria: ciò risulta sia dalla terminologia utilizzata ("è sempre disposta") sìa dal richiamo al secondo comma dell'art. 240 cod. pen. che prevede, appunto, casi di confisca obbligatoria (in questo senso deve intendersi il richiamo all'art. 240: v. Cass., sez. IV, 11 febbraio 2009 n. 13831, Fumagalli, rv. 242479).
Dalla natura obbligatoria della confisca deriva un'importante conseguenza: che, nel caso di sequestro preventivo disposto ai sensi dell'art. 321 c.p.p., l'esistenza del periculum - cui l'emissione di tale misura cautelare reale è subordinata - è presunta per legge, con la conseguenza che non deve essere accertata caso per caso e che non può essere disposta (a meno che non vengano meno i presupposti per ritenere esistente il fumus) la restituzione del veicolo prima della sentenza definitiva (v. la già citata sentenza 13831/2009 nonché Cass., sez. fer., 28 agosto 2008 n. 36822, Simmerle, rv. 241269 - entrambe relative alla norma innovata del codice della strada - e in generale, precedentemente, Cass., sez. III, 6 aprile 2005, n. 17439, Amico, rv. 231516).

4) Ciò premesso, deve ancora osservarsi che il ricorso in cassazione contro le ordinanze del tribunale per il riesame, in materia di misure cautelari reali, è proponibile, per l'espresso disposto dell'art. 325 comma 1° c.p.p., solo "per violazione di legge". Ciò vale anche per l'ordinanza del tribunale che si pronunzi sulla richiesta di riesame del decreto del pubblico ministero, che abbia convalidato il sequestro operato dalla polizia giudiziaria, o sulla richiesta di riesame del sequestro disposto dall'autorità giudiziaria (v. artt. 355 c. 3° e 257 c.p.p. che rinviano entrambi all'art. 324 con la conseguente applicabilità dell'art. 325 in tema di ricorso in cassazione).
Ciò comporta in particolare, per quanto attiene ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, che con il ricorso in questa materia non sono deducibili tutti i vizi concernenti la motivazione del provvedimento impugnato previsti dall'art. 606, comma 1°, lett. e) del codice di rito, ma soltanto la mancanza assoluta, o materiale, della motivazione perché solo in questo caso può configurarsi la violazione di legge ed in particolare la violazione dell'art. 125 comma 3° c.p.p. che prescrive, a pena di nullità, l'obbligo di motivazione delle sentenze e delle ordinanze in attuazione del disposto dei commi 6° e 7° dell'art. 111 della Costituzione.
Tra i casi di mancanza assoluta della motivazione può certamente ricomprendersi anche il caso di motivazione meramente apparente o assolutamente inidonea a spiegare le ragioni addotte a sostegno dell' esistenza o meno dei presupposti per il mantenimento della cautela, Non possono invece formare oggetto di ricorso in cassazione le censure dirette ad evidenziare l'insufficienza, l'incompletezza, l'illogicità o la contradditorietà della motivazione.
La giurisprudenza di legittimità è univoca nel senso indicato: cfr. da ultimo Cass., sez. V, 11 gennaio 2007 n. 8434, Ladiana, rv. 236255; sez. III, 5 maggio 2004 n. 26853, Sainato, rv. 228738, sez. un. 28 gennaio 2004 n. 5876, Bevilacqua, rv. 226710.
Alla luce di questo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (che nel ricorso neppure viene posto in discussione) se anche la censura rivolta dal ricorrente all'ordinanza impugnata con il secondo motivo di ricorso, relativo alle esigenze cautelari, fosse da ritenere ammissibile (sotto il profilo della necessità di accertare in concreto l'esistenza del periculum anche nel caso di confisca obbligatoria) la censura sarebbe comunque inammissibile essendo rivolta all'accertamento di un vizio relativo alla motivazione che, nel nostro caso, non può essere ritenuta mancante.

5) E' invece infondato il primo motivo di ricorso che si riferisce all'interpretazione della norma innovata di cui al comma 2° dell'art. 186 in precedenza riportata e che, secondo il ricorrente, non consentirebbe la confisca - e quindi il sequestro preventivo - nei caso di veicolo in comproprietà.
La tesi è infondata perché la lettera della norma non autorizza questa interpretazione, sembrando al contrario escludere la confisca di veicolo appartenente ad un terzo per la tutela del suo diritto di proprietà.
Ma la tesi risulta in particolare infondata ove si consideri quale è la ratio della norma: solo nel caso di appartenenza integrale del veicolo ad un terzo la presunzione assoluta di pericolosità derivante dall'uso del veicolo può risultare attenuata mentre, in caso di comproprietà, la presunzione medesima rimane integra.
Resta il problema delia legittimità del sequestro (e della successiva eventuale confisca) della quota appartenente al terzo. Ma, su questo aspetto, il ricorrente è privo di interesse a richiedere l'annullamento del provvedimento impugnato, o la restituzione del bene, unico legittimato essendo il comproprietario del veicolo.

6) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
la Corte Suprema di Cassazione, Sezione IV penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il giorno 6 maggio 2009.

Il presidente
Dr. Piero Mocali


Il Consigliere Relatore
Dr. Carlo Brusco

Depositato in cancelleria il giorno 11 giugno 2009.

mercoledì 7 ottobre 2009

Interessante sentenza sul riconoscimento delle infermità.

Una precedente Sentenza della Corte dei Conti già riconosceva la riduzione delle difese immunitarie a causa dello stress sul lavoro (eccessiva responsabilità, ritmi lavorativi incongrui, sovraccarico di lavoro da eseguire in un arco di tempo strettamente prestabilito, ecc. ….): in particolare si trattava di un giovane videoterminalista che aveva contratto una patologia tumorale, anche per la prolungata esposizione del torace alla macchina videoterminale.

La vicenda che oggi diffondo grazie a Massimo Cassiano è, per certi versi, sovrapponibile e riguarda (con buona pace del Ministro Brunetta) un magistrato della Corte dei Conti, Presidente di Sezione, che, avendo assolto per anni ad un incredibile carico di doveri e responsabilità, ha contratto una infermità epatica che lo ha portato ad una morte fulminante!

La Sentenza, dopo aver minuziosamente riportato tutta la vicenda processuale (i fatti si riferiscono agli anni 1993 – 1999) riconosce che:

“Come evidenziato dal perito di parte, la vita professionale del dott. A.V., presidente di sezione della Corte dei Conti, rappresenta un esempio di abnegazione al dovere portata fino all’estremo sacrificio, il che porta a ritenere verosimile che la morte del magistrato sia stata, se non direttamente determinata, quanto meno anticipata e favorita dagli eventi stressanti che hanno caratterizzato il suo incarico ….”.

“A titolo di esempio, nell’anno 1995, il Presidente V. scrisse circa 400 sentenze oltre a presiedere tutte le udienze in calendario presso la Sezione de L’Aquila.

Dal 1996 al 1999 la Sezione Giurisdizionale per il Veneto ha tenuto 153 udienze, di cui 121 presiedute dal dott. V., e sono state emesse 3.768 pronunce, di cui 1.549 redatte dal Presidente V.

A ciò deve aggiungersi il disagio derivante dall’espletare il servizio in regioni con stagioni invernali particolarmente fredde, come l’Abruzzo ed il Veneto, dai frequenti spostamenti, dai pasti consumati fuori casa.

La perizia di parte ha specificato come i fattori psicologici possono influenzare il modo di reagire dell’organismo, associarsi fra di loro, slatentizzare una patologia e diventare essi stessi causa di malattia, il che è ormai considerato più un dato di fatto che una mera ipotesi”.

sabato 3 ottobre 2009

Altra tiratina d'orecchi a chi non da la precedenza ai pedoni in prossimità delle strisce pedonali

Una vera e propria 'tirata di orecchie' arriva dalla Corte di Cassazione nei confronti di quegli automobilisti che non danno la precedenza ai pedoni che attraversano sulle strisce pedonali.
Si tratta di un comportamento 'incivile' sottolinea la Corte ricordando che mentre si è alla guida di un'autovettura si è sempre obbligati a dare la precedenza ai pedoni in transito sulla segnaletica orizzontale loro dedicata.
Non si tratta dunque di un atto discrezionale dell'automobilista che deve sempre fermarsi. Sulla scorta di tale principio la Corte con la sentenza n.20949/09 ha accolto il ricorso dei tre figli di una donna investita sulle strisce da un motociclista e morta poco dopo per le gravi lesioni craniche.
I giudici di merito avevano attribuito il 30% della colpa dell'incidente alla donna che aveva attraversato la strada frettolosamente e senza guardare se stessero sopraggiungendo delle vetture. Il danno riconosciuto ai prossimi congiunti era stato quindi limitato nella misura del 70% del totale. La Cassazione su ricorso dei prossimi congiunti ha considerato inaccettabile un simile ragionamento. "A meno di riguardare l'attraversamento sulle strisce di una strada come un impegnativo momento di valutazioni di velocità e intenzioni altrui - si legge in sentenza -, occorre che ogni conducente, nell'approssimarsi alle strisce pedonali, ancora più se queste si trovino, come nella specie, in una zona centrale di una città, abbia la chiara consapevolezza che deve non solo dare la precedenza, ma anche tenere un comportamento idoneo ad ingenerare nel pedone la sicurezza che possa attraversare senza rischi".

Mano pesante della Corte di cassazione per chi non fornisce le proprie generalità ai controllori del treno

La prima sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n.38389/2009) ha stabilito che il controllore del treno deve considerarsi un "pubblico ufficiale" e che, pertanto, non ci si può rifiutare di fornire le generalità quando vengono richieste. Nel caso esaminato da Piazza Cavour una signora che aveva dimenticato di timbrare il biglietto aveva anche rifiutato di fornire al capotreno il suo documento di identità. Ne era scaturita una doppia sanzione ed il caso era finito nelle aule di giustizia. Della vicenda veniva interessata anche la Cassazione dove la donna ha sostenuto che il capotreno non poteva considerarsi pubblico ufficiale vista la trasformazione delle ferrovie dello Stato in società per azioni. La stessa aveva fatto anche rilevare che in ogni caso la consegna dei documenti era avvenuta davanti ad un agente della Polfer. Gli Ermellini nella parte motiva della sentenza hanno ricordato che anche "dopo la trasformazione dell'Ente Ferrovie dello Stato in societa' per azioni, gli addetti alle Ferrovie dello Stato, che come il capotreno-controllore dei biglietti provvedono alla constatazione dei fatti e alle relative verbalizzazioni nell'ambito di attivita' di prevenzione e accertamento delle infrazioni relative ai trasporti, sono pubblici ufficiali in quanto muniti di poteri autoritativi e certificativi e svolgenti una funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico''. Secondo i giudici del palazzaccio poco importa che la donna abbia esibito il suo documento all'agente della polfer. Ciò infatti è avvenuto in un momento successivo all'iniziale rifiuto con la conseguenza che il reato previsto dall'articolo 651 del codice penale si era già consumato.

venerdì 2 ottobre 2009

Un motivo in più per fare ricorso contro gli autovelox.

La conferma che per l'affidamento in concessione del servizio di rilevazione della velocità è necessario che si proceda con la relativa gara d'appalto arriva con la sentenza n. 38141/09 della Corte di cassazione e questa volta della sezione penale (la VI). Diversamente gli autovelox vanno sequestrati. La Corte infatti ha respinto il ricorso di un Comandante della polizia municipale indagato per abuso d'ufficio e turbata libertà degli incanti.
Secondo la Corte la "circostanza che il contratto di affidamento del servizio sia stato stipulato prima ancora che si concludesse la procedura di aggiudicazione della gara è sintomo univoco che questa era stata orientata verso un obiettivo prestabilito, con palese lesione del principio della libera concorrenza".
Il sequestro degli autovelox era scattato lo scorso gennaio. Inutilmente il Comandante si è rivolto alla suprema Corte perchè gli Ermellini hanno respinto il ricorso evidenziando come "l'ordinanza impugnata dà conto in maniera adeguata e logica delle ragioni che legittimano la riducibilità dei fatti prospettati dall'accusa nel paradigma dei reati di turbata libertà degli incanti e di abuso d'ufficio".
Un motivo in più ora per fare ricorso avverso le multe al c.d.s. ed in particolare gli accertamenti con gli autovelox.

giovedì 1 ottobre 2009

Sentenza sull'omissione di soccorso.

Bhè non può che essere condivisa la sentenza della Corte di cassazione con la quale ha stabilito che anche i passeggeri che si trovano a bordo di un veicolo che ha causato un incidente hanno l'obbligo di prestare soccorso a chi è stato investito.
Per la Corte non importa essere alla guida: chi scappa è comunque un pirata della strada e va sanzionato per omissione di soccorso. La decisione della Quarta sezione penale (sentenza n. 37455/2009) si riferisce al caso di due ragazzi che erano al bordo di un motorino insieme ad un'altro loro amico che era alla guida. Durante il percorso avevano investito una donna provocandone la morte. I ragazzi erano caduti, ma rialzatisi anzichè prestare soccorso alla donna erano fuggiti. Se contro il conducente veniva avviato un procedimento per omicidio colposo per i due passeggeri si era ipotizzata l'accusa di omissione di soccorso. La sezione minorenni della Corte d'appello di Napoli aveva concesso ai due ragazzi il perdono giudiziale ma la loro difesa, contro questa condanna "morale", aveva fatto ricorso in Cassazione sostenendo che "viaggiando come passeggeri a bordo del mezzo non potevano prevedere che si potesse verificare l'evento comunque ricollegabile al comportamento di chi stava alla guida". La Corte ha respinto i ricorsi dei due ragazzi facendo rilevare che gli stessi viaggiavano con un terzo amico "ben sapendo che la loro presenza comprometteva di molto le condizioni di stabilità del motoveicolo, rendendole precarie". Inoltre "dandosi alla fuga e non fermandosi per prestare assistenza all'investita, si erano resi colpevoli, anche se sono stati perdonati, delle ipotesi di reato previste dall'art. 189 del Cds". Nella sentenza la Cassazione richiama anche le testimonianze rese secondo cui i due passeggeri "erano caduti sopra il corpo dell'investita ed uno dei due era salito sul ciclomotore ed era scappato. Quindi non potevano non essersi resi conto che la donna urtata aveva riportato danni alla persona". Piazza Cavour ha dunque insistito sul fatto che i passeggeri "si dovevano fermare per verificare se" la donna investita "avesse bisogno di soccorso. E invece si sono allontanati". Di quì l'ipotesi di reato prevista dall'189 Cds. che punisce appunto l' omissione di soccorso.

Sentenza che condivido.

Anche se l’istanza che giustifica l’assenza del difensore per legittimo impedimento viene presentata via fax il giorno stesso dell’udienza, il giudice ha l’obbligo di esaminarla. Lo ha stabilito la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 37535/2009) osservando che “a fronte di una richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore, il giudice del dibattimento può accoglierla o respingerla, valutando se le ragioni addotte integrino gli estremi dell’assoluta impossibilità a comparire, ex art. 420 ter, comma 5, c.p.p. ma non può esimersi dal valutare l’istanza medesima, una volta che ne sia venuto a conoscenza. Il fatto che la comunicazione a mezzo fax non sia prevista specificamente dalla legge per il deposito delle istanze, espone il richiedente al rischio dell’intempestività nel caso la medesima istanza non venga portata a conoscenza del giudice, ma non rende la medesima nulla o inesistente”.
La Corte ha quindi precisato che “la segnalazione di un impedimento del difensore di fiducia con contestuale richiesta di rinvio, spedita via fax ai sensi dell’art. 150 cod. proc. pen. pervenuta alla cancelleria prima dell’inizio dell’udienza ma trasmessa al giudice dopo la celebrazione del dibattimento, non costituisce motivo di nullità della sentenza in quanto la scelta di un mezzo tecnico non previsto specificamente dalla legge per il deposito delle istanze, ai sensi dell’art. 121 cod. proc. Pen., espone il richiedente al rischio dell’intempestività con cui l’atto può pervenire alla conoscenza del giudice (..). Da tale orientamento giurisprudenziale si deduce che, ove l’istanza, spedita a mezzo fax, sia pervenuta prima dell’inizio dell’udienza, il giudice del dibattimento sia giustificato, non essendo ciò avvenuto, nel caso di specie si è verificata una violazione del diritto all’assistenza dell’imputato, con la conseguente nullità dell’ordinanza che ha disposto la prosecuzione del giudizio e di tutti gli atti successivi”.