sabato 26 settembre 2009

Sentenza che fa giustizia al diritto del singolo cittadino.

La sentenza del T.a.r. del Lazio, la n. 8560/90, sarà destinata a far discutere ancor di più in Parlamento che non è in grado a questo punto di riconoscere quanto già previsto dalla Carta Costituzionale.
Ebbene il T.a.r. del Lazio ha stabilito che "I pazienti in stato vegetativo permanente, che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso, possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti". I giudici del Tar aggiungono che il paziente "vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi". La sentenza è stata emessa su ricorso presentato dal Movimento difesa del cittadino (Mdc), difeso dall'Avv. Pellegrino di Lecce, in relazione alla direttiva del Ministero del welfare che aveva intimato a tutte le strutture del Ssn di impedire sempre l'interruzione dell'idratazione e alimentazione artificiali in pazienti in stato vegetativo permanente. Decisione che io non condividevo.
Ora la sentenza fissa il principio per cui la volontà del paziente va sempre rispettata in relazione al trattamento di alimentazione e idratazione artificiali.
Secondo il T.a.r. si tratta di questioni che coinvolgono il diritto di rango costituzionale quale è quello della libertà personale che l'articolo 13 della costituzione qualifica come inviolabile.

sabato 12 settembre 2009

Distacco illegittimo di linee telefoniche (Giudice di Pace di Bari Sentenza 2781/09)

La questione sottoposta al Giudicante, trae spunto dall’illegittimo comportamento delle compagnie telefoniche, nei confronti degli utenti, i quali si vedono distaccare la propria utenza telefonica, immotivatamente, privi di tutela effettiva. Nel caso di specie l’attore, dopo aver ricaricato la propria utenza mobile, per problemi di “contabilizzazione” della ricarica in capo al gestore, si è visto sospendere il servizio in essere. Il proponente, pertanto, richiedeva al Giudicante l’interpretazione, in proprio favore, dell’art. 1 della Legge 40/2007- Decreto Bersani-, secondo la quale “e' altresì vietata la previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico o del servizio acquistato”. In ragione di ciò, riteneva che anche qualora il gestore non avesse “contabilizzato” la ricarica, sarebbe stato comunque illegittimo, che lo stesso continuasse a porre termini temporali alla scadenza del servizio (telefonico). Il Giudice, invece, ha ritenuto che la L. 40 è applicabile solo con riferimento a contratti tra consumatori e professionisti e non tra professionisti, come nel caso di specie, essendo la previsione normativa tesa alla realizzazione di “misure urgenti per la tutela dei consumatori”. Tuttavia, ha messo in evidenza un fatto comunque apprezzabile, ritenendo che l’utente possa, come nel caso di specie, anche a mezzo di prova testimoniale, avvalorare di aver effettuato la ricarica nei 12 mesi precedenti e pertanto, vantare l’inadempimento contrattuale nel sinallagma, da parte del gestore, con conseguente responsabilità del debitore (gestore), tenuto al risarcimento del danno nei confronti del creditore (utente). Un altro spunto che si trae dalla lettura della sentenza è che per individuare se trattasi di contratti in essere tra professionisti o consumatori, non serve valutare che forma di contratto è stata sottoscritta tra le parti (business o privata), ma l’effettivo uso che della utenza se ne faccia. L’attore, in questo caso, pur aver sottoscritto un contratto “privato”, nella pratica ne ha fatto un uso professionale. Dott. Maurizio Cardanobile –Presidente NoiconsumatoriBari
www.noiconsumatoribari.it
Cultore di diritto pubblico c/o l’Università degli Studi di Bari




Il testo della sentenza


Sent. 2781/09 del 27/03/2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice di Pace, Avv. M. Mazzei, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile, contrassegnata con il numero RG. 15046/2007, affari contenziosi civili, tra

XXXXXXXXXXXXXX

CONTRO

Vodafone Omnitel, in persona........

avente ad oggetto: inadempimento contrattuale - risarcimento danni-

conclusioni

all'udienza del 27 febbraio 2009, l'attore ha concluso, riportandosi ai propri scritti difensivi: (1. accertare il rapporto contrattuale esistente tra le parti; 2. dichiarare la convenuta inadempiente nei confronti dell'attore 3.ordianare l'immediato ripristino dell'utenza sospesa; 4. Condannare la convenuta alla restituzione del credito residuo, esistente sulla scheda, prima della sospensione del servizio, pari a circa € 100,00; 5. condannare la convenuta al risarcimento del danno subito, pari ad €. 2.200,00 o alla somma maggiore o minore, ritenuta di giustizia e/o equità, nei limiti della competenza del GdP. adito 6. inibire alla convenuta di riassegnare a terzi l'utenza indicata; 7. condannare la convenuta al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa). La convenuta ha concluso per il rigetto della domanda attorea.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'attore, dopo aver inutilmente interessato il Corecom ed espletato, con esito negativo, il tentativo obbligatorio di conciliazione, con atto di citazione, ritualmente notificato, conveniva in giudizio, innanzi l'ufficio del Giudice di Pace di Bari, la Vodafone Omnitel, in persona del legale rappresentante pro-tempore, per ivi sentire: (1. accertare il rapporto contrattuale esistente tra le parti; 2. dichiarare la convenuta inadempiente nei confronti dell'attore 3.ordinare l'immediato ripristino dell'utenza sospesa; 4. Condannare la convenuta alla restituzione del credito residuo, esistente sulla scheda, prima della sospensione del servizio, pari a circa € 100,00; 5. condannare la convenuta al risarcimento del danno subito, pari ad €. 2.200,00 o alla somma maggiore o minore, ritenuta di giustizia e/o equità, nei limiti della competenza del GdP. adito 6. inibire alla convenuta di riassegnare a terzi l'utenza indicata; 7. condannare la convenuta al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa.

L’attore assumeva di essere Presidente e legale rappresentante di una società iscritta al Roc e di occuparsi di progettare, realizzare e gestire servizi culturali, socio educativi, sanitari, nonché di pubblicare diverse riviste in ambito sociale; che per far fronte a tutte le esigenze lavorative, circa 7 anni fa, stipulava un contratto telefonico con il Gestore Vodafone; che tale numero telefonico veniva usato per lo svolgimento delle attività del Gruppo; che venivano investite ingenti somme di denaro al fine di stampare la brochure informative sull’attività dell’associazione, oltre che riviste, manifesti, biglietti da visita, sulle quali era riportato il detto numero di telefono; che l’utenza in questione veniva utilizzata, anche come numero di riferimento dei un’altra Associazione, di cui l’attore riveste, anche la Presidenza; che successivamente l’utenza veniva trasformata in “ricaricabile”, restando sempre di uso aziendale, a nome dell’amministratore; che nel mese di febbraio 2007 veniva effettuata una ricarica telefonica, per far fronte alle esigenze lavorative; che in data 11/08/2007, la Vodafone decideva, unilateralmente, di sospendere l’utenza, così procurando gravissimi disagi e grave nocumento all’attore; che le sollecitazioni epistolari non sortivano esito positivo.

Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in data 15/02/2008, si costituiva la Vodafone che eccepiva la nullità dell’atto di citazione, poiché la copia notificata era priva della pagina n. 2, contenente l’esposizione dei fatti. Nel merito evidenziava che la convenuta ha agito nel rispetto delle condizioni generali del contatto, in virtù delle quali, se la sim card non viene utilizzata o ricaricata per un periodo superiore a dodici mesi, la scheda telefonica viene disattivata, fermo restando che il credito residuo può essere richiesto in restituzione a mezzo lettera racc. Né quindi, vi è stata violazione del decreto Bersani. Concludeva 1) nullità dell’atto di citazione 2) in subordine, per il rigetto della domanda attorea.

Revocata la contumacia della convenuta; disposta l’integrazione della domanda attorea, preso atto che la convenuta, in seguito all’integrazione della domanda ha provveduto a costituirsi con regolare mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta; ammesse le prove documentali in atti; espletata la prova testimoniale; preso atto della rinuncia esplicita al deferito interrogatorio formale del legale rappresentante pro tempore della Vodafone e della relativa accettazione, all’udienza del 27/02/2009, la causa è stata riservata per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La nullità dell’atto di citazione, sollevata dalla convenuta, conseguente alla notificazione dello stesso, privo della pagina numero due e l’eccezione di inammissibilità e/o inesistenza della costituzione della Vodafone, conseguente al “mandato allegato a mezzo di spille all’atto di costituzione…”, appaiono sanate alla luce dell’integrazione della domanda attorea della nuova costituzione della Vodafone. Il contratto stipulato tra le parti, non rientra tra quelli perfezionati tra professionista e consumatore. Invero, entrambi le parti hanno agito nell’esercizio delle rispettive attività imprenditoriali. L’attore, non riveste la qualità di consumatore, avendo stipulato il contratto, per la propria attività lavorativa, come dichiarato nell’atto di citazione (“che l’attore è Presidente, nonché legale rappresentante del xxxxxxxxxxxxx, iscritto al ROC -Registro degli Operatori della Comunicazione-, e si occupa di progettare, realizzare e gestire servizi culturali, socioeducativi e sanitari, nonché di pubblicare diverse riviste in ambito sociale; che per far fronte a tutte le esigenze lavorative, circa sette anni fa, stipulava un contratto telefonico con il Gestore Vodafone - Omnitel e, dunque, gli veniva assegnato il n. xxxxxxxxxxx; tale utenza diveniva fondamentale per lo svolgimento delle attività del Gruppo, infatti conteneva numeri telefonici importanti ed era usata quale numero di riferimento per la segnalazione di disservizi od inchieste che condotte sui giornali di proprietà dello stesso; che, pertanto, venivano investite ingenti somme di denaro al fine di stampare brochure informative sull’attività della associazione,oltre che riviste, manifesti, biglietti da visita, sulle quali era riportato detto numero al quale fare riferimento; che, invero, l’utenza in questione veniva utilizzata, altresì, come numero di riferimento del xxxxxxxxxxxx, di cui l’attore riveste la Presidenza”.

Pertanto, non sono applicabili, nel caso di specie, le norme poste a tutela del consumatore, poiché l’attore ha stipulato il contratto di fonia mobile, non in veste di consumatore, ma in veste di imprenditore e per il raggiungimento di scopi propri dell’attività imprenditoriale svolta.

La domanda merita accoglimento parziale e nei termini che seguono. E’ provato, né è in contestazione che l’attore ha stipulato un contratto telefonico con la Vodafone;che gli è stato assegnato un numero telefonico n..; che l’utenza telefonica, corrispondente al numero …………., nel corso del tempo è stata trasformata in “ricaricabile” che nel mese di agosto 2007, l’utenza è stata unilateralmente sospesa dalla Vodafone Omnitel. Quest’ ultima ha sic et simpliciter sostenuto di aver provveduto alla definitiva disattivazione della scheda – utenza telefonica – conformemente alle condizioni generali del contratto per non aver provveduto, l’attore, ad utilizzare e/o a ricaricare la Sim card per il tempo di dodici mesi. Nella fattispecie de qua, a prescindere dall’applicabilità o dell’interpretazione che si intenda dare all’art. 1 della L. 40/07, che ha convertito il DL 7/07 – Decreto Bersani, l’attore ha provato di aver provveduto ad eseguire ricariche sull’utenza telefonica in questione nel mese di Febbraio ed anche prima dell’estate 2007 (vedi dichiarazioni testimoniali rese). Appare, quindi, provato che l’utenza telefonica non è rimasta inattiva o inutilizzata per dodici mesi, come sostenuto dalla convenuta, ove si consideri che una ricarica è stata eseguita nel mese di febbraio 2007 e un’altra prima dell’estate 2007 e che l’utenza telefonica è stata sospesa definitivamente a far data dall’11/08/07.

Deve quindi ritenersi illegittimo, il comportamento della convenuta, per aver violato il disposto di cui all’art. 5, comma 4, delle condizioni generali di contratto, in atti, ed in generale, per aver disattivato l’utenza telefonica immotivatamente, così violando le norme di correttezza e buona fede nei rapporti contrattuali in itinere. Tanto importa il diritto dell’attore a vedersi riattivato e riassegnato il numero di telefono xxxxxx. E’ provato, inoltre, che l’utenza telefonica disattivata veniva utilizzata dall’attore per l’esercizio delle attività professionali (vedi rivista, manifesti pubblicitari in cui è riportato il numero telefonico in questione) e giusta dichiarazione testimoniali rese da xxxx. Non v’è dubbio, pertanto, che l’attore in conseguenza della repentina sospensione dell’utenza telefonica abbia sopportato disagi, disguidi e problemi di vario genere con la propria clientela. Né è da escludere un calo di clientela, con conseguente danno economico, stante la difficoltosa rintracciabilità telefonica da parte della clientela. Ai sensi dell’art. 1226 c.c., apparendo il danno indeterminato e non potendo lo stesso essere determinato con precisione, liquida e riconosce all’attore, in via equitativa, per i danni sopportati in conseguenza del sicuro e necessitato mutamento del numero telefonico, la somma di € 300,00. Condanna, inoltre, la convenuta alla rassegnazione del credito monetario telefonico esistente prima della sospensione dell’utenza telefonica, che si riconosce in € 50,00, ai sensi dell’art. 1226 c.c. L’accoglimento della domanda importa la condanna alle spese del giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

IL Giudice di Pace di Bari, definitivamente pronunciando sulla domanda, promossa da XXXXXXXXX c/ Vodafone Omnitel, in persona del legale rappresentante p.t., rigetta ogni altra domanda, eccezione e deduzione, così provvede:

1. Condanna la Vodafone Omnitel, in persona del suo legale rappresentante p.t., al pagamento della somma di € 300,00, a titolo di risarcimento danni, in favore dell’attore;

2. Condannala Vodafone Omnitel, in persona del legale rappresentante pro tempore, alla riattivazione del numero di utenza xxxxxxxxxxx e con accredito di € 50,00;

3. Condanna la Vodafone Omnitel, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento delle spese del giudizio, in favore dell’attore, che si liquidano in € 1.100,00 (di cui € 500,00 per diritti, € 400,00 per onorario, € 112,50 per rimborso forfettario del 12,5% ed € 87,50 per spese anticipate), oltre cna ed iva.

Bari, 27/03/2009

Il Giudice di Pace Avv. M. Mazzei

giovedì 10 settembre 2009

Cassazione: multe nulle se il numero civico è sbagliato

Sono nulle le multe se vengono notificate indicando un numero civico sbagliato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza n. 19323/2009 della seconda sezione civile) che ha accolto le richieste di un automobilista a cui era stata recapitata una cartella esattoriale che gli intimava di pagare 331 euro per tre sanzioni amministrative di cui non era mai stato portato a conoscenza. Nella parte motiva della sentenza la Corte spiega che le raccomandate ''non erano state recapitate ma erano state restituite per compiuta giacenza''. In una delle notifiche però ''risultava errato il civico presso il quale risultava essere stata fatta la ricerca da parte dell'ufficiale notificante''. In primo grado il Giudice di Pace non aveva voluto sentire ragioni ed aveva ritenuto che l'automobilista dovesse comunque pagare quelle multe. Il caso è così finito in Cassazione dove l'automobilista ha fatto notare la presenza di diversi errori di notifica e tra questi l'errata indicazione del numero civico. Accogliendo il ricorso la Corte ha annullando la cartella esattoriale mettendo in chiaro che ''non si puo' prescindere dalla verifica dell'esito del procedimento notificatorio (rilevabile solo dall'avviso di ricevimento) ai fini di considerare regolare o meno la notifica del verbale, non potendosi escludere in linea generale che l'avviso di deposito-giacenza dell'atto non sia in effetti pervenuto alla conoscenza dell'interessato, privandolo cosi' della possibilita' di tutelare i propri diritti''. Ora sarà il Comune a dover pagare all'automobilista 400 euro per le spese legali.

mercoledì 12 agosto 2009

Una sentenza che vale più della perdita dei punti sulla patente.

Spero che questa recentissima sentenza dei giudici della Corte di Cassazione arrivi a far riflettere quei parlamentari italiani che grazie alla complicità di qualche imprenditore senza scrupoli hanno deciso di istituire la patente a punti e l'utilizzo di costosi autovelox ovunque come se fossero un deterrente per eliminare o ridurre gli incidenti mortali sulle strade italiane.
Mentre in realtà con questi aggeggi si fanno ben altri affari. Allora sarebbe meglio tornare al blocchetto e alla penna e comunque ad assumere personale che costerebbe sicuramente meno delle odiate macchinette.
Il parlamento secondo la mia umile opinione deve prendere spunto proprio da questa sentenza se vuole veramente risolvere la questione che ritengo può essere risolta condannando penalmente se ritenuto colpevole chi si macchia di una morte.
Con questa ultima sentenza la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 13 mesi di reclusione per un uomo ritenuto responsabile di un incidente mortale poichè causato dall'eccessiva velocità. L'automobilista, infatti, a bordo della sua Mercedes, finì fuori strada sull'autostrada A29 Trapani-Palermo, precipitando in una scarpata dopo un volo di 20 metri.
A salvarsi fu solo il conducente mentre i quattro passeggeri che erano con lui morirono.
Ben vengano decisioni come queste.

venerdì 7 agosto 2009

Non commette reato chi uccide un animale per proteggere i suoi beni e se stesso.

Bhe non posso che condividere in questo caso la sentenza della III Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 25526/09) che ha stabilito che non commette reato chi uccide un animale per difendere un proprio diritto patrimoniale nonché la incolumità delle persone con lui conviventi.
Gli Ermellini hanno avuto modo di affermare che “nel concetto di ‘necessità’, escludente la configurabilità del reato, è compreso non solo lo stato di necessità, quale assunto dall’art. 54 c.p., ma anche ogni altra situazione che induca alla uccisione o al danneggiamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai beni, quando tale danno l’agente ritenga altrimenti inevitabile”.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che “in applicazione di tale principio il giudice di legittimità ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva escluso la sussistenza di reato nella ipotesi di uccisione di un cane, pastore tedesco, che introdottosi in un pollaio, aveva mangiato gli animali ivi rinchiusi e quindi aggredito il loro proprietario, accorso per allontanarlo”. costretto a sparare sull’animale, per difendere un proprio diritto patrimoniale, nonché la incolumità delle persone con lui conviventi.

Interessante sentenza sulla nota spese.

La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 14553/09) ha stabilito che è possibile la liquidazione dei compensi dell’avvocato e ciò anche se questi non ha depositato la nota spese. La Corte ha precisato che “vero è che, nel caso di mancata presentazione della nota spese ad opera della parte che chiede il rimborso delle spese processuali, il giudice deve indicare gli atti a cui si riferisce la liquidazione di diritti ed onorari. Ma chi proponga ricorso per cassazione per questo motivo è tenuto ad esplicitare le ragioni per cui la liquidazione operata dalla sentenza impugnata è da ritenere incongrua o sproporzionata in relazione all’attività svolta nel giudizio (…)”.
Nel caso di specie, gli Ermellini hanno osservato che “spese diritti ed onorari sono stati contenuti in termini modesti, ed il ricorrente ha svolto le sue censure in termini meramente astratti, senza neppur teoricamente dedurre la difformità degli importi liquidati rispetto a quelli spettanti per legge”.

mercoledì 5 agosto 2009

Vergogna tutta italiana.

Lo dicevo e denunciavo in tutti i ricorsi da me predisposti per amici e parenti.
Ora viene fuori l'illecito rilevamento delle infrazioni stradali.... ma vah?
Autovelox truccati a Caserta, indagati: Sindaci, assessori e membri della Polizia municipale sono accusati di truffa, falsità, violazione della privacy e abuso d'ufficio.
Più di 200 le persone indagate per profitti illeciti ottenuti per mezzo di autovelox truccati.
Chi ha previsto questi strumenti con legge?
Nessuno avrebbe immaginato di come sarebbe andata finire? Io si.
Una legge voluta ed ottenuta da imprenditori senza scrupoli ed ora anche sindaci, assessori e comandanti delle Polizie municipali. Ma che bello ... proprio bello.... alla faccia della brava gente...
Le indagini, sfociate in seguito nell'emissione del decreto, hanno avuto per oggetto il rilevamento delle infrazioni attraverso rilevatori di velocità, photored o altri macchinari simili.
I destinatari di tali provvedimenti erano alcuni Comuni della provincia di Caserta e numerose ditte private.
L'accusa riguarda le modalità di affidamento del servizio da parte dei Comuni alle ditte private, la non corretta indicazione in bilancio delle somme provento delle sanzioni, le illecite modalità di rilevazione delle infrazioni, l'omessa comunicazione alle competenti autorità delle infrazioni per il decurtamento dei punti e illeciti nel trattamento dei dati personali.
A queste circa 200 persone vorrei inviare un pubblico messaggio: siete la vergogna dell'Italia.
Ai politici: basta autovelox e stratagemmi simili che servono e serviranno a far arricchire solo questi imprenditori senza scrupoli!