venerdì 18 gennaio 2013

Patto Stato Mafia. Affari di famiglia. La sentenza della Corte Costituzionale non mi piace.


(Ghe pensi mi)

Mi sono letto la sentenza, chilometrica, del 4 dicembre 2012 contrassegnata con il n. 1/2013, depositata il 15.1.13, della Corte Costituzionale sul ricorso del Presidente della Repubblica (nonché Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura) con il quale chiedeva, in sostanza, la distruzione delle quattro intercettazioni telefoniche avvenute con l’ex Senatore MANCINO. Quest’ultimo sottoposto ad indagini, assieme a numerose altre persone, nell’ambito del procedimento penale concernente la cosiddetta “trattativa” tra Stato e mafia negli anni tra il 1992 e il 1994.
Molti aspetti mi hanno colpito di questa sentenza che ritenevo già scontata. Curioso è che neanche l’avvocatura distrettuale dello Stato era convinta, di ciò che chiedeva, infatti, nelle memorie, come ribattuto dal Procuratore della Repubblica, ha sempre usato il condizionale.
Altra curiosità emersa dalla sentenza è che l’attuale Presidente della Repubblica non era la prima volta che veniva intercettato indirettamente (anche nel 2009 e nel 2010) ma solo in questa occasione ha sollevato il conflitto. Cosi come nessun conflitto sollevò in un caso simile anche l’ex Presidente della Repubblica Scalfaro.
Come mai Signor Presidente Napolitano? Come mai nelle precedenti occasioni si è comportato in maniera diversa?
Forse a me e agli italiani non lo spiegherà mai e questo non può che aggravare il giudizio sulla sua persona.
Io mi chiedo e domando: ma perché distruggere quelle intercettazioni se nella situazione contraria potrebbero essere utili ad un terzo imputato per far valere la propria innocenza? In questo caso non vi è violazione del diritto di difesa del terzo che avesse un interesse contrario alla distruzione? 
Ovvero, la richiesta di distruzione delle intercettazioni sarebbe stata presentata ugualmente dal Presidente della Repubblica (o in sostanza da MANCINO) se quella prova la si riteneva necessaria, invece, per scagionarlo da una eventuale imputazione? 
Cosa c’è di tanto grave in queste conversazioni da richiederne persino la distruzione? 
A me questa sentenza non piace per niente, perché, significa che: il Presidente della Repubblica italiana può tranquillamente parlare al telefono anche con un mafioso, mentre, i magistrati sono inevitabilmente costretti ad astenersi dal disporre intercettazioni a carico del mafioso che comunica direttamente con il Presidente della Repubblica.
Il tutto in contrasto con il principio di obbligatorietà dell’azione penale (art. 3 e 112 Cost.). Questa sentenza non mi piace anche perché seguendo il ragionamento della Corte Costituzionale lo stesso principio dovrebbe essere applicato agli altri Organi Istituzionali a cominciare dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai singoli Ministri, i quali, sotto diversi aspetti, per tutti quello operativo, sarebbero dotati di poteri addirittura più importanti, di quelli del Capo dello Stato.