lunedì 13 aprile 2009

Sentenza niente male sulla casa pagata dai suoceri.

Secondo la Corte di cassazione (sez. III civile con la sent. 8386/09) i soldi che i suoceri danno ai figli sposati non possono essere restituiti nel caso in cui la coppia scoppi.
Bhè mi pare non ci sia nessuno scandalo no? Tanto più che i suoceri non si sono cautelati con un atto formale per una restituzione delle somme nel caso di separazione o divorzio.
La Cassazione ha respinto il ricorso di due suoceri che chiedevano all'ex marito della figlia la restituzione dei 9 mila euro da loro anticipati per l'acquisto della casa coniugale mutuata per una somma complessiva di 27 mila euro.
Secondo la Suprema Corte, che ha bocciato il ricorso degli ex suoceri, la somma da loro versata per l'acquisto della casa va inquadrata “in un contesto di solidarietà famigliare che si presume gratuito”, considerato anche il fatto che “è costume diffuso, nell'attuale società, che i genitori aiutino anche finanziariamente i figli al momento del loro matrimonio”.
Di diverso avviso era stato il Tribunale di Milano che nel 2002 aveva condannato il giovane a restituire agli ex suoceri circa 7 mila euro. Verdetto ribaltato dalla Corte d'Appello di Milano nel marzo del 2004.
Inutilmente i suoceri hanno fatto ricorso in Cassazione per chiedere indietro la somma anticipata per l'acquisto della casa. La cassazione ha respinto il ricorso e ha sottolineato che legittimamente i giudici di merito hanno ritenuto che tale somma andasse inquadrata “in un contesto di solidarietà famigliare che si presume gratuito”.
Tra l'altro, annota ancora Piazza Cavour mancava “una prova specifica e precisa” che dimostrasse “tempi della pattuita restituzione” della somma anticipata.
Pertanto cari suoceri e futuri suoceri d'ora in avanti quando prestate o donate delle somme di denaro cautelatevi con atti ad hoc.

Aumentano i divorzi per colpa di Fido e Fuffi

Non mi stupisce più di tanto questa notizia che mi giunge da Adnkronos secondo la quale crescono i divorzi per il troppo attaccamento di uno dei coniugi all´animale domestico.
Bhè anch'io ho avuto un cane... e non nascondo che a volte il nostro amico è stato in effetti causa di litigi... ma non da arrivare però al divorzio.
I dati arrivano dall´analisi degli sportelli on line, dedicati alle questioni di animali in famiglia dell'associazione italiana difesa animali ed ambiente (Aidaa) relativi al biennio 2007-2008.
Le coppie separate e divorziate che si sono rivolte nei due anni presi in considerazione agli sportelli online di Aidaa per chiedere consulenza su come gestire i propri animali domestici sono state 580 di queste sono state ben 88 che hanno ammesso che come prima causa della separazione o del divorzio c'è un problema con l´animale di casa.
Tra gli animali oggetto morboso di attenzione da parte dei coniugi primeggia il cane che è indicato come causa di separazione in ben 51 casi, seguito dal gatto in 19 casi e poi pappagalli, tartarughe e pesci, mentre un caso riguarda persino due topolini bianchi.
E, strano ma vero, in quasi il 70% dei casi il coniuge morboso è l'uomo, marito o convivente.
In altri 47 casi di separazione o divorzio viene indicata tra le cause l'abbandono da parte di uno dei coniugi di un'animale domestico, ma allo stesso tempo aumentano le richieste di affido condiviso del cane o del gatto di casa in sede di separazione. Ma dall´analisi dei dati emersi da questa ricerca sui 580 casi di coppie che si sono rivolte all´Aidaa per dirimere le questioni legate agli animali domestici vi sono stati ben 269 coppie che si sono rivolte all´associazione animalista per chiedere di aiutarli a trovare un accordo per poter condividere insieme il proprio animale, e in questo caso in ben 245 casi la soluzione e' stata positiva con un forte incremento del dato del 2008 rispetto all´anno precedente (155 casi nel 2008 e solo 9 nel 2007). Anche in questo caso oltre il 70% degli animali interessati era composto da cani, il 22% da gatti ed in quasi tutti gli altri casi si trattava di coppie separate o divorziate che possedevano piu' di un´animale. Non sono mancate -sostiene Lorenzo Croce presidente nazionale dell´Aidaa- le richieste di intervento piuttosto strane come due casi di richiesta di aiuto per superare il pignoramento di un gatto e cinque casi relativi a questioni di eredità collegate ad animali".
"Ora -prosegue Croce- con l´avvio delle sezioni del tribunale degli animali sono sempre più le persone che si presentano nelle nostre tredici sedi a chiedere informazioni su come tenere i propri animali insieme anche in caso di separazione, ma non manca chi chiede di tornare in possesso totale del proprio animale accusando il coniuge di essere poco attento al benessere del cane o del gatto di coppia.
Strano ma proprio vero....

venerdì 10 aprile 2009

Interessante sentenza sui danni subiti dai cani randagi.

Interessantissima e condivisibile la sentenza n. 8137/09 della III Sez. civile della Corte di Cassazione che ha stabilito che, in tema di randagismo, sono le Asl territorialmente competenti, a dover risarcire i danni alle persone che subiscono danni dai cani randagi e ciò in quanto una legge regionale affida la lotta contro questo fenomeno ai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali.
Un sospiro di sollievo quindi per i Comuni che sono chiamati sempre più spesso dai cittadini al risarcimento dei danni.
I Giudici di Piazza Cavour hanno precisato che “la legittimazione passiva spetta alla locale azienda sanitaria, succeduta alla USL, e non al Comune, sul quale, perciò, non può ritenersi ricadente il giudizio di imputazione dei danni dipendenti dal suddetto evento”.

mercoledì 8 aprile 2009

Ancora una sentenza sul semaforo rosso.

Con la sentenza n. 7388 del 26 marzo 2009 la Corte di cassazione, sezione II civile, conferma i precedenti giudizi sulla nullità del verbale redatto per violazione dell'art. 146, terzo comma, del Codice della strada, ovvero, per il passaggio con il rosso per mancanza di contestazione da parte dell'agente.
A pagarne le spese questa volta la Polizia Municipale di Modena. In un primo momento il giudice di pace di Modena aveva dato ragione al Comune poichè aveva ritenuto, che la mancata contestazione immediata della infrazione fosse legittima, in quanto l'art. 384 del regolamento del Codice della strada (che ha natura regolamentare e, quindi, secondaria rispetto alla disposizione legislativa che, in astratto, prevede comunque come regola generale la contestazione immediata) individua l'ipotesi di "attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa" tra quelle per cui può essere omessa la contestazione immediata.
Di diverso avviso è infatti la Corte di cassazione che pur non ignorando che in precedenti decisioni si è ritenuta legittima l'assenza di agenti in relazione all'utilizzazione di autovelox (Cass. 21 luglio 2005, n. 15348, ed altre), ha rilevato che, la istituzionale rinuncia alla contestazione immediata appare non conforme alle possibili situazioni che in tali evenienze possono verificarsi (esemplificativamente, il caso di coda di autoveicoli che non consenta al mezzo che abbia legittimamente impegnato l'incrocio di attraversarlo tempestivamente) e che, solo la presenza di un agente operante in loco, può ricondurre nell'alveo della corretta applicazione delle disposizioni relative (vedi in termini Cass. n. 23310/2005, n. 8465/2006).
Nel caso in questione la mancata presenza in loco di agenti operanti, per un verso, preclude la possibilità di contestazione immediata nei casi in cui ciò sia possibile, così eludendo ex ante il precetto legislativo al riguardo e, per altro verso, non consente di verificare le concrete situazioni in cui l'apparecchio di rilevamento automatico opera, consentendo possibili equivoci, non risolubili con certezza proprio per l'assenza degli agenti sul posto.
Con tali riassunte motivazioni la Corte ha accolto il ricorso del cittadino ed ha condannato il Comune di Modena alle spese di giudizio.

lunedì 6 aprile 2009

Interessante sentenza sull'ispezione in casa del contribuente.

Interessante e meritevole di essere diffuso il numero della sentenza sull'ispezione in casa del contribuente da parte della Guardia di Finanza.
Secondo la Corte di cassazione è legittima solo se ci sono "gravi" indizi di evasione fiscale.
Ha stabilirlo è la V Sez. civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 6836/09.

venerdì 3 aprile 2009

Finalmente qualcuno incomincia a pagare di persona.

Io sono uno tra quelli favorevoli alla condanna personale del dipendente ex art. 328 c.p. ovvero per omissione di atti d'ufficio. Ebbene la Corte di cassazione, VI sez. penale, con la sentenza n. 14466 ha dato uno stop ai ritardi nella pubblica amministrazione e quindi anche al rifiuto di rispondere alle istanze dei cittadini sempre più maltrattati e vessati dai lunghi silenzi degli uffici pubblici.
A pagarne le conseguenze in questo procedimento un ingegnere addetto ai servizi tecnici comunali che è stato condannato appunto per omissione di atti d'ufficio per non aver dato risposta ad una formale richiesta di una cittadina.
Il caso per la determinazione della signora è finito in Tribunale con la conseguente condanna dell'Ingegnere per omissione di atti d'ufficio ora confermata dalla Corte di cassazione che ha spiegato che ''Resta ingiustificato il silenzio omissivo del pubblico ufficiale perche', nell'economia del delitto di cui all'art. 328 c.p., una volta individuato l'interesse qualificato alla conoscenza da parte del richiedente, anche la risposta negativa dell'ufficio adito, in termini di indisponibilita', oppure di parziale disponibilita' della documentazione richiesta, fa parte del contenuto dell'atto dovuto al cittadino, il quale, sull'informazione negativa, puo' organizzare la sua strategia di tutela, oppure rinunciare in modo definitivo ad ogni diversa sua pretesa''.
Io ho esperienza diretta sull'art. 328 c.p. per aver denunciato più volte alcuni dipendenti della mia ex amministrazione ma fortuna per loro i procedimenti nonostante la severità della norma sono stati sempre inspiegabilmente archiviati.
Ora i giudici della Corte di cassazione hanno avvertito - finalmente - che ''il silenzio omissivo del pubblico ufficiale'' o gli eventuali ritardi nelle risposte al cittadino saranno puniti severamente.

mercoledì 1 aprile 2009

Nullo il verbale emesso dagli ausiliari fuori dalle strisce blu.

Questa volta ad esprimersi sulla competenza dei vigilini sono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che con sentenza n. 5621/09 hanno stabilito: “può essere enunciato il principio di diritto secondo cui le violazioni in materia di sosta che non riguardino le aree contrassegnate con le strisce blu e/o da segnaletica orizzontale e non comportanti pregiudizio alla funzionalità delle aree distinte come sopra precisato, non possono essere legittimamente rilevate da personale dipendente delle società concessionarie di aree adibite a parcheggio a pagamento, seppure commesse nell’area oggetto di concessione (ma solo limitatamente agli spazi distinti con strisce blu)”.
A pagarne le spese il Comune di Parma.
Infatti contro l'annullamento della multa accordato all'automobilista nel gennaio 2004 il comune di Parma ha fatto ricorso in Cassazione affermando che il potere degli ausiliari del traffico dovrebbe essere “più ampio in materia di sosta nell'area soggetta a concessione, in ragione del fatto che la concessionaria è direttamente interessata al rispetto dei limiti e dei divieti vigenti, in quanto qualsiasi violazione andrebbe ad incidere sul suo diritto alla riscossione delle tariffe stabilite".
Le Sezioni Unite, rigettando il ricorso, hanno stabilito in merito alla questione il principio secondo cui i c.d. “vigilini” possano fare multe soltanto nelle aree contrassegnate dagli spazi distinti con strisce blu, in tal modo risolvendo speriamo in maniera definitva un rebus che aveva creato grandi problemi interpretativi tra le stesse sezioni semplici della Corte di Cassazione che emettevano sentenze discordanti.