martedì 31 marzo 2009

Offerte commerciali telefoniche, regole per la tutela dei cittadini

Interessante il provvedimento, pubblicato nella G.U. del 20.3.09, dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali che ha precisato le regole che aziende commerciali e call center devono seguire nel contattare gli utenti per promozioni e offerte commerciali.
Circa l'uso dei dati degli abbonati, le aziende devono utilizzare solo banche dati costituite sulla base degli elenchi telefonici precedenti all'1 agosto 2005 e possono avvalersi del periodo di deroga previsto dal cosiddetto decreto Milleproroghe solo entro i limiti indicati dal Garante. Le società devono documentare in modo adeguato che la banca dati è stata effettivamente creata prima dell'1 agosto 2005 ed usare tali dati senza cederli a nessun titolo ad altre aziende.
Gli operatori devono ad ogni contatto specificare per quale società chiamano e ricordare agli interessati i loro diritti e registrare immediatamente l'eventuale contrarietà dell'abbonato ad essere nuovamente contattato. Le società devono comunicare al Garante, entro 15 giorni dalla pubblicazione nella G.U., di essere in possesso di banche dati costituite anteriormente all'1 agosto 2005, di volerle utilizzare per attività promozionali e chiarire se il trattamento di dati venga effettuato anche per conto terzi. Il mancato rispetto del provvedimento comporta una sanzione amministrativa da 30 mila a 180 mila euro (che nei casi più gravi, può salire a 300 mila euro).

lunedì 30 marzo 2009

La moglie tradisce il marito con altre donne? Allora niente mantenimento.

Interessante la sentenza della Corte di Cassazione, sez. civile, 11.11.08 - 23.1.09, n. 1734 che riguarda un ricorso di una donna del Veneto che intratteneva relazioni extra coniugali con altre donne. La stessa in un primo momento (in primo grado) aveva vinto la causa contro il marito.

Alla base della decisione ora sfavorevole per la donna due lettere intercorse in epoca non sospetta tra le protagoniste delle relazioni extraconiugali. Da ciò l'addebito della separazione chiesta dal marito della donna che in un primo momento era stato invece ritenuto lui colpevole della chiesta separazione per le reazioni violente nei confronti della donna. Conseguentemente, secondo la Corte di cassazione nessun diritto all’assegno di mantenimento a suo favore.
Nel caso in esame è stato dato credito infatti alle due lettere scritte in epoca non sospetta dagli stessi soggetti che a tale relazione avevano dato luogo, privilegiandone implicitamente il contenuto rispetto alle deposizioni testimoniali rese successivamente dagli stessi, le cui dichiarazioni, riportate in ricorso, si ponevano all'evidenza in netto contrasto con dette lettere.

domenica 29 marzo 2009

Auto passa con il rosso? La multa è nulla se non c'è il vigile.

Una foto scattata ad un automobile che passa con il semaforo rosso non basta per fare una contravvenzione. Ci deve essere anche il vigile. La conferma arriva dalla Corte di Cassazione.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 7388/09 ha confermato che per fare la multa è necessaria la presenza di un agente di polizia municipale sia perchè questi ha l'obbligo di fare la contestazione immediata, sia perchè, in sua mancanza, non è possibile verificare le effettive situazioni in cui l’apparecchio di rilevamento opera e ciò potrebbe dare luogo ad equivoci.
D'ora in avanti dunque gli apparecchi fotografici di rilevamento automatico installati nei pressi degli incroci potrebbero servire a poco a meno di non garantire per ognuno di essi la presenza di chi è abilitato a fare contravvenzioni.
In un primo momento il caso era stato preso in esame dal Giudice di Pace che però aveva dato torto all'automobilista. Di diverso avviso la Corte che ha accolto in pieno il ricorso ribadendo la necessità della presenza in loco degli agenti.
In ogni modo dopo la scoperta dei semafori ruba soldi non credo che la Corte di Cassazione si sarebbe mai potuta esprimere diversamente... considerato che gli automobilisti corretti ... si sono proprio rotti.... di queste macchinette.
 

mercoledì 25 marzo 2009

Continui rimproveri al dipendente... è mobbing?

Interessantissima la sentenza della Corte di cassazione n. 6907/09 sui continui e ripetuti rimproveri ai dipendente fatti sul luogo di lavoro.
Infatti secondo i Giudici di Piazza Cavour i rimproveri continui sono una forma di mobbing e danno diritto al risarcimento del danno (biologico).
Nel caso di specie un'impiegata per nove mesi era stata oggetto di ripetuti rimproveri davanti ai suoi colleghi di lavoro. E non solo la vicenda si era conclusa persino con il licenziamento.
Nel procedimento in questione la Corte d'appello aveva già ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro riconoscendo alla donna i danni per aver subito mobbing e ciò sulla base della considerazione che i rimproveri orali da parte dei superiori venivano effettuati con toni pesanti ed in modo tale che potessero essere ascoltati anche dagli altri colleghi di lavoro.
La responsabile dell'azienda le aveva anche consigliato di trovarsi un nuovo lavoro.....
Seguivano (classica situazione) tre contestazioni che avevano poi portato la donna al licenziamento.
La Corte nel respingere il ricorso dell'azienda l'ha condannata al risarcimento per danno biologico (€. 9.500,00).

sabato 21 marzo 2009

Cassazione: va inibita diffusione di manifestazioni di pensiero contrarie al buon costume nei blog e nei forum.

La Corte di Cassazione ha detto stop alle manifestazioni di pensiero contrarie al buon costume che possono apparire nei blog, nei forum on-line e, più in generale, in tutti i nuovi mezzi di comunicazione. La Corte spiega che ''I messaggi lasciati su un forum di discussione che a seconda dei casi può essere aperto a tutti indistintamente sono equiparabili ai messaggi che possono essere lasciati in una bacheca e non entrano nel concetto di stampa, sia pure in senso ampio''. Sulla scorta di tale principio la terza sezione Penale (sentenza 10535/09) ha respinto il ricorso dell'Aduc contro una decisione che aveva ordinato la rimozione delle espressioni e dei messaggi arrivati su un forum on line, inibendone l'ulteriore diffusione.

Secondo Piazza Cavour alcune delle frasi incriminate, oltre ad avere offeso la religione cattolica mediante il vilipendio dei suoi fedeli e dei suoi ministri ''avevano travalicato limiti del buon costume alludendo espressamente a pratiche pedofile dei sacerdoti per diffondere il "sacro seme del Cattolicesimo'''. L'Aduc aveva anche sostenuto l'illegittimità del sequestro preventivo delle pagine web perché l'offesa ad una confessione religiosa non è contraria al buon costume. La Corte ha respinto però il ricorso e ha ricordato che ''gli interventi dei partecipanti al forum on line non possono essere fatti rientrare nell'ambito della nozione di stampa'' perché ''si tratta di una semplice area di discussione dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum, ma non per questo il forum resta sottoposto alle regole e agli obblighi cui è soggetta la stampa''. Secondo Piazza Cavour ''il semplice fatto che i messaggi e gli interventi'' siano ospitati in un forum on line o in un blog ''non fa sì che il forum stesso possa essere qualificato come un prodotto editoriale o come un giornale on line o come una testata giornalistica informatica''.

E questo vale per tutti i nuovi mezzi di comunicazione del proprio pensiero vale a dire ''newsletter, blog, forum, newsgroup, mailing list, chat, messaggi istantanei''.

venerdì 20 marzo 2009

La cassazione chiede la massima attenzione alle confidenze dei bambini.

Interessante questa sentenza della Corte di cassazione, III Sez., la n. 8809/09), che invita i giudici di merito alla massima attenzione nella valutazione delle accuse dei bambini verso gli adulti in quanto altamente malleabili. I giudici invitano dunque i giudici a prestare attenzione nel valutare soprattutto quei fatti che “che narrano fatti dei quali non dovrebbero avere esperienza e che non possono essere il risultato di una loro fantasia”.
Ma chi è il più adatto a valutare o considerare attendibili le accuse e le dichiarazioni dei bambini ?
Secondo i giudici di piazza Cavour i bambini “non mentono consapevolmente ma diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni etero indotte e se interrogati con domande inducenti tendono a conformarsi alle aspettative del loro interlocutore”.
Ma questo non vale anche per gli adulti? Certo forse questa conferma la potrebbero dare quanti in vita loro hanno affrontato almeno un vero e proprio interrogatorio.
La Corte, nel caso specifico ha accolto il ricorso di un padre separato che nei precedenti gradi di giudizio era stato condannato a tre anni di reclusione per una presunta violenza sessuale nei confronti della figlia di 7 anni.
La Corte ha annotato nella sentenza che il vissuto emotivo della bambina non aveva dato “segnali della violenza subita” né dimostrato “trauma da abuso”.
Bhà sarà certamente vero quello che sostiene la Corte di cassazione che “la conclusione dei giudici – di merito - non si sostanzia in un argomento logico inattaccabile ma lascia spazio a perplessità restando fermi dati incontrastati quali l'assenza di segni riconducibili ad un evento traumatico o il fatto che i racconti della bambina fossero espressivi di un disagio da essa elaborato, più, per i ripetuti litigi dei genitori e per l'abbandono del padre, che, non per gli abusi sessuali da lei descritti" ma io non condivido ugualmente questa sentenza nella parte in cui stabilisce che la bimba non aveva dato “segnali della violenza subita” né dimostrato “trauma da abuso”.


mercoledì 18 marzo 2009

Avvocato dice il falso per difendere cliente? Per lui scattano le manette se rende "testimonianza" falsa.

La sesta sezione penale della Corte di cassazione ha stabilito nella sentenza del 4.3.09 n. 9866, che è falsa testimonianza la deposizione menzognera dell’avvocato resa per difendere il suo cliente su questioni apprese per ragione della propria professione, anche se non è stato preventivamente avvisato dal giudice che si sarebbe potuto astenere.

La Corte ha precisato, infatti, che ai sensi dell’art. 199, co.2, mentre la testimonianza resa dal prossimo congiunto dell’imputato è nulla se il giudice non avverte il teste che si potrebbe astenere, perché “i prossimi congiunti dell’imputato possono ignorare l’esistenza della possibilità di astenersi e trovarsi così in conflitto con i sentimenti di solidarietà familiare che potrebbero indurli a dichiarazioni menzognere”, al contrario, il professionista, e cioè “i professionisti elencati dall’art.200 c.p.p. sono, invece, caratterizzati da competenza tecnica professionale, che implica la conoscenza dei doveri deontologici e giuridici connessi all’abilitazione e all’esercizio della professione”.

Quindi, continua la sentenza, “è rimessa alla loro esclusiva la scelta, ovviamente da comunicare al giudice, di deporre o meno su quanto hanno conosciuto per ragioni del ministero, ufficio o professione (…) fermo rimanendo l’obbligo di dire la verità in caso di deposizione”. Secondo quanto si apprende dalla vicenda, il Gup di Milano aveva adottato, alla fine dell’udienza preliminare, una sentenza di non luogo a procedere, nei confronti di un avvocato per il reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) perché commesso in circostanza della causa di non punibilità di cui all’art. 384 del codice penale. (“…Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, la punibilità è esclusa se il fatto è commesso da chi … avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza, perizia, consulenza o interpretazione”).

Ma la Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero che denunciava violazione di legge in base all’art.606, non sussistendo alcun obbligo del giudice di preavvisare il teste di cui all’art. 200 c.p.p. che ha facoltà di astenersi, opponendo il segreto professionale: infatti l’obbligo per il giudice di avvisare i testi della facoltà di astenersi, previsto dall’art. 199 c.p.p, co.2, (prossimi congiunti dell'imputato) non si applica ai soggetti elencati dall’art. 200 c.p.p. (i professionisti, come ad esempio, avvocati, ministri di culti religiosi, medici, ecc…), come si apprende dai motivi che hanno portato alla decisione.