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giovedì 15 agosto 2013

L'amore vince .... contro l'Arma dei Carabinieri.

N. 00264/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00222/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 222 del 2012, proposto da: 
S. G., rappresentato e difeso dall’avv. Sonia Santoro, elettivamente domiciliato presso la Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi, 23; 

contro
Comando provinciale dei Carabinieri di Lecce, Ministero della Difesa, per legge rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria in Lecce, via Rubichi; 

per l’annullamento
- del provvedimento n. 480/6 – 2011 – SP di prot. del 21 novembre 2011 emesso dalla Legione dei Carabinieri Puglia – Comando provinciale di Lecce, notificato in data 22 novembre 2011; 
- di tutti gli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi, ivi compreso l’atto n. 185/6 di prot. del 12 agosto 2011.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comando provinciale dei Carabinieri di Lecce e del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 novembre 2012 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi l’avv. Santoro per il ricorrente e, nelle preliminari, l’avv. dello Stato Roberti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
I. Il ricorrente, già Comandante della Stazione dei Carabinieri di Taurisano impugna, unitamente all’atto presupposto d’irrogazione, il provvedimento di rigetto del ricorso avverso la sanzione disciplinare del “rimprovero” inflitta per la mancata specifica comunicazione della candidatura alle elezioni amministrative nel Comune sede di servizio di persona con la quale intrattiene una relazione sentimentale, avendo, in particolare, lo stesso omesso, nel trasmettere gli elenchi dei nominativi dei partecipanti alla competizione elettorale, di evidenziare il legame intercorrente con la stessa.

II. A sostegno del gravame deduce:

a) la violazione di legge per il ritardo con cui è stato dato corso al procedimento disciplinare, nonché la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 66/2010, della l. n. 241/1990, dell’art. 748, comma 5, lett. b) del Testo Unico Disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare e dell’art. 97 Cost.;

b) l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto e/o erroneità dei presupposti, difetto d’istruttoria, difetto, erroneità, contraddittorietà e genericità della motivazione, violazione dei principi in materia di procedimento disciplinare e del principio di ragionevolezza.

III. Si è costituita l’Amministrazione intimata concludendo per il rigetto del ricorso.

IV. All’udienza pubblica del 28 novembre 2012, fissata per la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

V. Il ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.

VI. Con i motivi di ricorso la parte lamenta, tra l’altro, il difetto di motivazione sostenendo che il caso all’esame non rientra tra le fattispecie contemplate dal comma 5 dell’art. 748 del d.P.R. n. 90/2010, le sole idonee a legittimare l’irrogazione della sanzione disciplinare, sicché l’Amministrazione sarebbe incorsa in un evidente travisamento dei fatti.

I motivi sono fondati.

VI.1. Ai sensi dell’art. 748, c. 5, lett. b), del regolamento di disciplina militare, sussiste, infatti, l’obbligo per il militare di dare “sollecita” comunicazione al proprio Comando degli “eventi in cui è rimasto coinvolto e che possono avere riflessi sul servizio”.

VI.2. Al riguardo si rileva che, nel caso di specie, l’Amministrazione non ha fornito alcuna indicazione in merito alla possibile incidenza sul servizio dell’evento in questione e sull’effettiva esistenza di un pregiudizio per il prestigio e il buon funzionamento dell’attività istituzionale.

VI.2.1. Come già statuito dalla giurisprudenza di questa Sezione (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 11 aprile 2009, n. 716 e 13 aprile 2010, n. 921), a fronte di un concetto indeterminato quale quello previsto dalla norma in questione (“gli eventi che possono avere riflessi sul servizio”), al di fuori delle ipotesi in cui l’incidenza sul servizio sia positivamente prevista o sia, comunque, di palese evidenza, spetta all’Amministrazione chiarire in quali termini il fatto occorso al militare possa riverberarsi sul servizio, anche in relazione alla misura della tempestività della relativa comunicazione.

VI.2.2. Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, una puntuale contestazione degli addebiti necessitava, dunque, dell’indicazione della possibile incidenza sul servizio di un fatto relativo a una vicenda attinente alla vita privata del militare, il legame sentimentale con persona candidata, rapporto interpersonale, peraltro, già conosciuto dal superiore gerarchico.

Si osserva, infatti, come la stessa relazione, già in passato, non fosse stata ritenuta, dall’Amministrazione, ostativa, per il ricorrente, allo svolgimento delle funzioni di Comandante di Stazione nell’ambito territoriale ove la persona interessata svolge la professione di avvocato civilista (pag. 3, provvedimento n. 480/06, gravato).

Invero, la circostanza che tale legame non sia stato considerato, all’epoca, interferente con i compiti istituzionali rende ancor più pregnante l’esigenza di un obbligo motivazionale preciso e circostanziato in occasione del dato fattuale sopravvenuto, ovvero la candidatura. 

Posto che la sanzione impugnata si fonda su un unico addebito - la mancata comunicazione di fatti considerati rilevanti per il servizio – ne consegue, nel caso di specie, l’insufficienza dei presupposti fattuali e giuridici a base del potere disciplinare, non essendo dedotta né provata proprio la presunta rilevanza della nuova circostanza fattuale sul regolare espletamento delle funzioni.

VI.2.3. Invero, nel procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti (ivi compreso il personale militare), l’Amministrazione è titolare di un’ampia discrezionalità in ordine alla valutazione dei fatti addebitati al dipendente circa il convincimento sulla gravità delle infrazioni addebitate e sulla conseguente sanzione da infliggere; ciò in considerazione degli interessi pubblici che devono essere tutelati attraverso tale procedimento. A ciò consegue che il provvedimento disciplinare sfugge al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, non potendo in nessun caso quest’ultimo sostituire le proprie valutazioni a quelle operate dall’Amministrazione, salvo che le valutazioni siano inficiate da travisamenti dei fatti ovvero, come nel caso di specie, il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente e sia inficiato da palese irrazionalità (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 3 marzo 2011, n. 1982).

VI.2.4. Alla luce dei fatti descritti, il Collegio ritiene, in conclusione, che tale comunicazione, non interessando fatti che l’Amministrazione ha dimostrato essere rilevanti, non fosse dovuta e, pertanto, che la relativa l’omissione non potesse costituire il presupposto per applicare la sanzione del rimprovero.

VII. Tanto premesso, il ricorso va accolto con conseguente annullamento della sanzione impugnata, assorbite le ulteriori censure dedotte.

VIII. Le spese e competenze di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Amministrazione soccombente alle spese e competenze di giudizio che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre a I.V.A. e C.P.A. come per legge. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Gabriella Caprini, Referendario, Estensore
Luca De Gennaro, Referendario

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/01/2013

martedì 14 settembre 2010

Sulla revisione della patente per perdita totale dei punti

N. 17400/2010 REG.SEN.

N. 04439/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e integrazioni,
sul ricorso numero di registro generale 4439 del 2010, proposto dalla Sig.ra Acerra Antonella, rappresentata e difesa dagli Avv. Camillo Lerio Miani e Francesco Miani ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Napoli, Via Toledo n.116;

contro

Ministero delle Infrastrutture in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato ope legis presso gli Uffici in Napoli, Via A. Diaz n.11;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del provvedimento dell’11/6/2010 con cui è stata disposta la revisione della patente di guida.

Visto il ricorso con i relativi allegati, in cui la ricorrente espone di essere titolare di patente di guida e che le è stato notificato il provvedimento impugnato di revisione della patente di guida per esaurimento del punteggio di 20 punti;

Vista la costituzione dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato con deposito di relazione datata 20/8/2010;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito il relatore Consigliere Gabriele Nunziata alla Camera di Consiglio del 9 settembre 2010, ed ivi uditi gli Avvocati come da verbale;

Viste le circostanze di fatto e le ragioni di diritto come spiegate dalle parti negli atti processuali;

Atteso che il Collegio ritiene il ricorso manifestamente fondato, con la conseguenza che esso può essere deciso con sentenza in forma semplificata, come rappresentato ai difensori delle parti costituite, ai sensi dell’art.21, comma 10, della Legge n. 1034/1971 nel testo introdotto dall’art. 3 della Legge n.205/2000, in luogo dell’ordinanza sull’istanza cautelare, così come previsto dall’art. 26, commi 4 e 5 della Legge n.1034/1971 nel testo introdotto dall’art.9, comma 1, della Legge n.205/2000, essendo ciò consentito dall’oggetto della causa, dall’integrità del contraddittorio e dalla completezza dell’istruttoria;

Ritenuto, nella fattispecie, di dover censurare il comportamento tenuto dall'Amministrazione resistente nella misura in cui ha violato non solo l'art. 126-bis, commi 2, 3 e 6, del D. Lgs. n. 285 del 1992 in combinato disposto con l'art. 6, comma 1, del D.m. 29 luglio 2003, ma anche la complessiva ratio sottesa al meccanismo della patente a punti;

Considerato, infatti, come peraltro correttamente osservato da parte ricorrente con richiami giurisprudenziali cui il Collegio ritiene di aderire, che una comunicazione cumulativa di più decurtazioni collegate a violazioni diverse nel tempo determina un sostanziale aggiramento delle norme che il Codice della strada pone a presidio non solo del diritto del privato ad usufruire dei corsi per il recupero dei punti (in modo da ripristinare l'originario punteggio della patente ed evitare il provvedimento di revisione, che è atto gravemente lesivo delle attività del cittadino), ma anche della stessa ragion d'essere dell'istituto della patente a punti, attraverso il quale si è inteso creare un meccanismo volto, mediante l'attivazione di un sistema di afflizione accessoria che può giungere fino alla sospensione della patente di guida (art. 126-bis, comma 6, d.lgs. n. 285 del 1992), a favorire l'educazione degli automobilisti al rispetto delle norme del Codice della strada; in altri termini la progressiva decurtazione dei punti, collegata a ciascuna violazione commessa dall'utente, mira a sensibilizzare il titolare della patente a non commettere ulteriori infrazioni in futuro e a frequentare gli appositi corsi di recupero (disciplinati dal D.m. 29 luglio 2003) al fine di recuperare i punti perduti ed allontanare l'eventualità della revisione o, peggio, della sospensione della patente, per cui ad ogni violazione del Codice della strada deve seguire, nei tempi dettati dalla legge, sia la relativa decurtazione di punteggio sia una specifica ed autonoma comunicazione al contravventore, così da consentire a quest'ultimo di "riparare" alla violazione commessa frequentando gli appositi corsi, allo stesso tempo alimentando il circuito educativo alla conoscenza ed al rispetto del Codice della strada;

Ritenuto che, per quanto esibito agli atti del ricorso e non smentito dall’Amministrazione resistente, è proprio questa la mancanza commessa dall'Amministrazione nel caso di specie, nel senso che non vi è prova dell’avvenuta comunicazione a parte ricorrente delle singole variazioni di punteggio;

Ritenuto pertanto che, per lesuesposte considerazioni, il ricorso in epigrafe debba essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento oggetto di impugnazione;

Ritenuto, infine, che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese, mentre resta fermo l’onere di cui all’art.13 del DPR n.115/2002, come successivamente modificato, a carico della parte soccombente,

P.Q.M.

Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA – Sede di Napoli – V^ Sezione – accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento oggetto di impugnazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del giorno 9 settembre 2010 con l'intervento dei Signori:


Vincenzo Cernese, Presidente FF

Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore

Sergio Zeuli, Primo Referendario

Da Assegnare Magistrato, Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/09/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

lunedì 13 settembre 2010

Pratica commerciale scorretta pubblicizzare lo sconto senza indicare il prezzo originario.

Condivido appieno la sentenza n. 32200, depositata il 9 settembre scorso, dal Tar Lazio che ha stabilito che integra pratica commerciale scorretta (ex art. 21, comma 1, lettere b) e d) del codice del consumo) la pubblicità che pubblicizzi il solo sconto senza l’indicazione del prezzo originario di listino, infatti “l’informazione omessa – si legge dalla motivazione della sentenza – risulta tale da limitare significativamente la portata delle affermazioni riportate, inducendo in errore i destinatari in ordine alle effettive caratteristiche e agli elementi essenziali dell’offerta pubblicizzata”.
Secondo quanto si apprende la sentenza è l’esito del ricorso di un’azienda che, dopo aver avviato una campagna pubblicitaria di cucine, aveva segnalato solo lo sconto, senza indicare il prezzo originario di listino.
Dopo l’istruttoria del Garante che aveva censurato il comportamento dell’azienda, la stessa si era rivolta al Tar che, con la sentenza citata, ha confermato quanto stabilito dall’autorità indipendente (Fonte).

giovedì 25 febbraio 2010

Sui punti della patente

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)




ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e integrazioni,
Sul ricorso numero di registro generale 1314 del 2009, proposto da:
**, rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Ceccanti, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Principe Tommaso, 2;

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino presso la quale domicilia in corso Stati Uniti n. 45;
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, Direzione Generale della Motorizzazione e della Sicurezza del Trasporto Terrestre, Ufficio Provinciale di Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del seguente atto:

- provvedimento del Direttore dell'Ufficio Provinciale di Torino, prot. N. 2036/R/A, del 16/07/2009, comunicato con raccomandata con avviso di ricevimento, in data 05/08/2009 (data ritiro plico), con il quale veniva disposta la revisione della patente di guida della ricorrente, mediante nuovo esame di idoneità tecnica, ai sensi dell'art. 126 bis, del D.Lgs. 285/92;

- di tutti gli atti precedenti e consequenziali, presupposti o, comunque, connessi, con particolare riferimento, in quanto occorra, per la pendenza di ricorsi amministrativi alle infrazioni (per cui è stata effettuata la variazione dei punti patente), nonchè alla mancata comunicazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con cui si sarebbe notificata la decurtazione di altri punti della patente di guida, per ulteriori sanzioni.



Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12/01/2010 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;



Ritenuto che, con rituale ricorso a questo TAR, la signora ** ha impugnato il provvedimento n. 2036/RA del 16 luglio 2009 con il quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Direzione Generale per la Motorizzazione – Ufficio Provinciale di Torino ha disposto la revisione della sua patente di guida, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare;

che l’impugnato provvedimento prende le mosse dalla “comunicazione dell’Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida in data 22/05/2009, dalla quale risulta che è esaurito il punteggio di 20 punti attribuito” alla ricorrente, ed ha quindi disposto la misura della revisione in applicazione dell’art. 126-bis, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992;

che, nell’atto introduttivo, la ricorrente riferisce di aver subito un primo verbale di contestazione in data 26 giugno 2008, per la quale è seguita rituale comunicazione da parte del Ministero, in data 22 gennaio 2009, concernente l’avvenuta decurtazione di n. 5 punti dalla patente di guida;

che, con tale comunicazione, la ricorrente veniva edotta unicamente della decurtazione dei suddetti 5 punti, con variazione del proprio punteggio complessivo da punti 24 a punti 19;

che altri due verbali notificati alla ricorrente (elevati in data 17 dicembre 2008 e 20 febbraio 2009), nei confronti dei quali ella ha anche presentato reclamo (rimasto, tuttavia, senza risposta), non sono stati seguiti dalla rituale comunicazione dell’avvenuta decurtazione del punteggio;

che, dopo aver iniziato il corso di recupero per i 5 punti già decurtati a seguito della prima infrazione, la ricorrente si è vista notificare l’impugnato provvedimento di revisione per avvenuto esaurimento di tutto il punteggio attribuito alla sua patente di guida;

che avverso l’atto di revisione la ricorrente deduce un unico motivo di gravame, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 126 bis, comma 2 e 3, del D.Lgs. 285/92 e dell’art. 6, comma 1, del D.M. 29/07/2003, nonché dei principi generali in materia di decurtazione dei punti della patente di guida”;

che si è costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, depositando documenti e chiedendo il rigetto del ricorso, senza tuttavia illustrare alcuna argomentazione difensiva;

Considerato che il ricorso è manifestamente fondato;

che, infatti, come rilevato dalla ricorrente, la mancata comunicazione della decurtazione che avrebbe dovuto seguire alle infrazioni del 17 dicembre 2008 e del 20 febbraio 2009 non ha consentito alla sig.ra ** di venire a conoscenza della progressiva diminuzione del suo punteggio complessivo, in modo da poter frequentare i corsi di recupero appositamente istituiti con d.m. 29 luglio 2003;

che, nel sistema delineato dall’art. 126-bis del d.lgs. n. 285 del 1992, ad ogni violazione del codice della strada deve seguire, nei tempi dettati dalla legge, sia la relativa decurtazione di punteggio sia una specifica ed autonoma comunicazione al contravventore, così da consentire a quest’ultimo di “riparare” alla violazione commessa frequentando gli appositi corsi, allo stesso tempo alimentando il circuito educativo alla conoscenza ed al rispetto del codice della strada;

che, pertanto, il comportamento tenuto dall’amministrazione, nel non consentire alla ricorrente di frequentare per tempo i corsi di recupero al fine di evitare il totale azzeramento del punteggio, è in contrasto con la ratio dell’istituto della patente a punti, in violazione dell’art. 126-bis del codice della strada (cfr. TAR Piemonte, sez. II, nn. 188 e 189 del 2010; nn. 1591, 3176 e 3181 del 2009);

che, quindi, il presente ricorso può essere deciso, essendo state sentite sul punto le parti costituite, con sentenza succintamente motivata, ricorrendo tutti i presupposti di cui all’art. 21, comma 10, della legge n. 1034 del 1971;

che le spese seguono la soccombenza e sono da liquidarsi, equitativamente, in Euro 2.000,00 (duemila/00);

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. II, definitivamente pronunciando con sentenza succintamente motivata,

Accoglie

il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento n. 2036/RA del 16 luglio 2009 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Direzione Generale per la Motorizzazione – Ufficio Provinciale di Torino.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12/01/2010 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Calvo, Presidente

Ofelia Fratamico, Referendario

Antonino Masaracchia, Referendario, Estensore





L'ESTENSORE IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/02/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

giovedì 4 febbraio 2010

Tar Lazio: le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di tutelare l’integrità fisica e la salute dei propri dipendenti.

Con la sentenza depositata il 29 gennaio 2010, il Tar Lazio ha condannato il Ministero della Giustizia al risarcimento del danno non patrimoniale (4.000,00 euro complessivi) per non aver adottato le misure di sicurezza idonee a preservare l’integrità fisica e la salute dei dipendenti.
Secondo la ricostruzione della vicenda, un agente scelto del Corpo della polizia penitenziaria aveva adito il Tar Lazio per l’accertamento della mancata adozione da parte del Ministero della Giustizia delle misure di sicurezza delle condizioni di lavoro presso la Casa Circondariale presso cui prestava servizio (il riferimento specifico era al fumo passivo derivante da tabacco).
L’agente chiedeva pertanto la condanna dell’amministrazione all’adozione delle misure specifiche per la tutela della salute e al risarcimento del danno non patrimoniale. Il tribunale amministrativo, in seguito ad un excursus relativo al quadro normativo vigente all’epoca dei fatti (legge n.584/1975 sul divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico), dopo aver citato la sentenza della Consulta n.399 del 20 dicembre 1996 e dopo le varie testimonianze (da cui emergeva che la prevenzione del divieto di fumo non era stata affiancata da altre attività se non dalla semplice apposizione di cartelli di divieto), ha accertato che gravava sul Ministero intimato l’obbligo di “adottare misure organizzative idonee a prevenire il rischio per i dipendenti derivante dall’esposizione a fumo passivo” e ha inoltre ritenuto fondata la domanda, (proposta sulla base dell’art.2087 sull’obbligo contrattuale di sicurezza sul lavoro) di risarcimento del danno non patrimoniale identificato dal ricorrente nella “violazione della propria serenità e tranquillità”.
A sostegno dell’accoglimento della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, il Tribunale ha infine citato l’ultimo orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione secondo cui il danno non patrimoniale si identifica con “il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica”. La tutela di tale danno è riconosciuta non solo nei casi espressamente previsti dalla legge ma anche “in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, (…) ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione”.

sabato 26 settembre 2009

Sentenza che fa giustizia al diritto del singolo cittadino.

La sentenza del T.a.r. del Lazio, la n. 8560/90, sarà destinata a far discutere ancor di più in Parlamento che non è in grado a questo punto di riconoscere quanto già previsto dalla Carta Costituzionale.
Ebbene il T.a.r. del Lazio ha stabilito che "I pazienti in stato vegetativo permanente, che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso, possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti". I giudici del Tar aggiungono che il paziente "vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi". La sentenza è stata emessa su ricorso presentato dal Movimento difesa del cittadino (Mdc), difeso dall'Avv. Pellegrino di Lecce, in relazione alla direttiva del Ministero del welfare che aveva intimato a tutte le strutture del Ssn di impedire sempre l'interruzione dell'idratazione e alimentazione artificiali in pazienti in stato vegetativo permanente. Decisione che io non condividevo.
Ora la sentenza fissa il principio per cui la volontà del paziente va sempre rispettata in relazione al trattamento di alimentazione e idratazione artificiali.
Secondo il T.a.r. si tratta di questioni che coinvolgono il diritto di rango costituzionale quale è quello della libertà personale che l'articolo 13 della costituzione qualifica come inviolabile.