lunedì 15 marzo 2010

Sentenza assurda: se sono clandestini anche i bambini come hanno fatto ad iscriverli a scuola?

Trovo assurda la decisione della Corte di Cassazione (sent. n. 5856/10 - I sez. civile)con la quale ha stabilito che i clandestini possono essere allontanati dal territorio italiano anche se hanno dei figli che vanno a scuola.
Qualcosa non mi torna in questa vicenda. Almeno che gli istituti scolastici non accettano a scuola anche i bambini clandestini.
Comunque secondo gli Ermellini la scolarizzazione rientrerebbe in una situazione "ordinaria" che non legittima la permanenza degli irregolari. Una decisione che si pone in contrasto con quanto la stessa Corte aveva in precedenza affermato consentendo invece la permanenza nel territorio italiano dei clandestini con figli in età scolare.
Ma che giustizia è questa cosi ballerina?
Nella precedente decisione la Corte aveva fatto riferimento al bisogno di garantire una "crescita armonica" ai minori. Ora con un evidente dietrofront la Corte afferma che la scuola non può essere un motivo "straordinario" per usare tolleranza nei confronti degli irregolari.
La decisione nella parte motiva afferma che diversamente si "finirebbe col legittimare l'inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando l'infanzia". Piazza Cavour ha così respinto il ricorso di un extracomunitario padre di due figli in età scolare. L'uomo oltretutto aveva una moglie a Milano titolare di permesso di soggiorno e in attesa della cittadinanza italiana.
Il padre dei due bambini aveva anche evidenziato che un suo allontanamento avrebbe comportato per i piccoli "un vero e proprio depauperamento sentimentale" che avrebbe inciso negativamente sul loro futuro. Commentando la decisione, Navi Pillay, alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha espresso viva preoccupazione. E ti credo.
"Come giudice - afferma - non posso esprimermi su una sentenza senza averla prima letta. Tuttavia se è cosi' è una decisione preoccupante. [...]
Devo comunque confrontare tale sentenza con la giurisprudenza già esistente sulla difesa e la tutela dei diritti dei bambini".
Resta comunque il fatto che la giurisprudenza italiana sta diventando troppo ma troppo ballerina.....

domenica 14 marzo 2010

Cassazione: lavoratore in malattia va a trovare mamma malata. L'assenza è giustificata

ll lavoratore in malattia che non viene trovato in casa al momento della visita fiscale, può essere giustificato dal fatto di essersi recato a trovare la mamma malata.
Esistono infatti esigenze di solidarietà e vicinanza familiare che legittimano la non reperibilità fiscale. Parola di Cassazione.
La Corte spiega che tali esigenze di "solidarietà e di vicinanza familiare" sono senz'altro meritevoli di tutela "nell'ambito dei rapporti etico sociali garantiti dalla Costituzione". Piazza Cavour (sent. 5718/10) ha così respinto un ricorso dell'INPS che non voleva invece riconoscere l'indennità di malattia per il fatto che il lavoratore, essendo in malattia, avrebbe dovuto farsi trovare in casa.
Sta di fatto che il lavoratore si era dovuto recare a fare visita alla madre ricoverata in un centro specialistico di riabilitazione a seguito di un intervento cardiochirurgico. Era però rimasto intrappolato nel traffico e non era rientrato in tempo per la visita fiscale.

sabato 6 marzo 2010

Bella gatta ... da pelare... per tanti ...

In materia di danni da vacanza rovinata la Corte di Cassazione ha ora riconosciuto nuove possibilità per i turisti di essere risarciti. Anche spiaggia e mare puliti sono una legittima aspettativa di chi va in vacanza. Con la sentenza n. 5189/10 la Terza Sezione Civile della Corte ha infatti respinto il ricorso di un tour operator che i giudici di merito avevano condannato a risarcire il danno ad una coppia di Pordenone che aveva trascorso una vacanza in Grecia. La coppia aveva acquistato un pacchetto vacanza che prevedeva l'alloggio in un club di Creta. Il depliant era senza dubbio invitante anche perchè riproduceva una spiaggia molto bella e un mare cristallino. All'arrivo la coppia aveva però constatato che non solo la spiaggia era sporca ma che il mare era inquinato da idrocarburi. In primo grado il Tribunale dava torto alla coppia sostenendo che la pulizia della spiaggia e la purezza del mare "non dipendevano dalla responsabilita' dell'albergo". Diverso il verdetto della Corte d'appello che condannava il tour operator a risarcire un danno di oltre mille euro per la settimana di vacanza rovinata. Ora anche la Cassazione ha confermato la condanna spiegando che "l'organizzatore o il venditore" di un pacchetto turistico "assumono specifici obblighi soprattutto di tipo qualitativo, riguardo a modalita' di viaggio, sistemazione alberghiera, livello dei servizi che vanno esattamente adempiuti" sulla base di quanto il turista vede sui "depliant illustrativi".